rivista satirica di critica sociale, di fatto la prima rivista d’artista mai apparsa in Europa, “L’Assiette au
Beurre” (1901-1912) ospitò sulle proprie pagine artisti del calibro di Kupka, Vallotton, Soffici e Van Dongen, oltre ad alcuni degli illustratori e
cartellonisti tra i più affermati del tempo, come Cappiello e Chéret, Iribe e Willette, senza dimenticare le matite più attente all’umanità dei
bassifondi parigini, come Steinlen, nonché all’azione sociale delle masse, come nel caso di Grandjouan, anticipatore del manifesto politico.
Tra i duecentosedici illustratori che a vario titolo collaborarono a uno o più dei seicento numeri monografici di “L’Assiette au Beurre”, il
più virulento, demistificatorio, oltraggioso e per molti versi anarchico fu Henri Gustave Jossot (1866-1951), il cui stile, capace di coniugare
eleganza e deformità, appare squisitamente moderno anche ai giorni nostri.
Dopo gli studi liceali intrapresi nella natia Digione, Jossot si
trasferisce a Parigi, affiancando il lavoro per una compagnia d’assicurazione alla frequentazione degli atelier di Jean-Paul Laurens ed Eugène
Carrière. Più che la pittura sono però il disegno e l’illustrazione caricaturale ad attrarlo: al 1886 risalgono le sue prime prove, destinate al
periodico “Le Sans- Souci”. Non fu che l’inizio di un’intensa carriera che lo vide attivo anche nei campi della cartellonistica, dell’illustrazione
libraria e della grafica minore, come nel caso dei menu pubblicitari per la Cointreau o del mazzo di carte pubblicato nel 1899 da “L’Art décoratif”.
Sono però i periodici illustrati a offrirgli quella libertà creativa, ma anche comunicativa, che tanto lo contraddistinse. Nel corso della sua vita
collaborò a oltre trenta diverse testate, da “Le Rire” a “Jugend”, da “Cocorico” a “Le Diable”. Inizialmente il suo stile, sempre personalissimo, è
caratterizzato da sinuosi arabeschi fiammeggianti che definiscono figure e oggetti, sempre privi di chiaroscuro, e dai colori chiari, imbevuti di
luce.
Dal 1896 lo stile di Jossot si radicalizza. Un brusco cambiamento di rotta, in chiave grottesca, che procede di pari passo con i drammi interiori
che l’artista sta vivendo: da una parte i fronti opposti schierati dopo l’affaire Dreyfus, che coinvolgono le riviste illustrate, mass media del
tempo, in maniera non certo indifferente; dall’altra la morte della sua unica figlia, che lo getta in un nichilismo senza fondo, un anarchismo
individualista, una rivolta permanente contro le più solide e inviolabili istituzioni sociali: la Giustizia, la Chiesa, le Forze dell’ordine e non
da ultimo la Famiglia.
Da un punto di vista stilistico, le linee sinuose lasciano il passo a una linea continua molto spessa che delinea ogni
cosa, specialmente nei primi piani, del tutto simile alla griglia di piombo che delimita le zone cromatiche nelle vetrate medievali. I colori
rimangono piatti, privi di chiaroscuro, ma le cromie si fanno più radicali: bianco, nero e rosso, soprattutto. I tratti caratteristici dei volti
diventano sempre più iperbole, deformandosi spesso in pura, espressionistica maschera.
Sebbene sia attivo anche su altri periodici
anarcolibertari, come “L’Action” o “Les Temps Nouveaux”, è sulle pagine di “L’Assiette au Beurre” che Jossot darà il meglio di sé, realizzando tra
il 1901 e il 1907 ben diciotto albi e varie illustrazioni per alcuni numeri cAd aprire la serie degli albi è il n. 24 della rivista (settembre
1901), consacrato alla Giustizia. I feroci giudici di Jossot, assetati di sangue e promozioni, influenzarono tra l’altro quelli di Rouault, che,
come altri “fauves” - Van Dongen era un collaboratore, Vlaminck un abbonato - conoscevano bene “L’Assiette au Beurre”. All’anno seguente risalgono
Fixe! (n. 43), parodia graficamente elegante dell’esercito francese, e Crâ (n. 59), sarcastica analisi del clero e dei suoi
rappresentanti, tesi tra vizio e ozio, raffigurati nella tavola centrale a colori in processione, imitati da un gruppo di oche.

