ta città sin dal Medioevo è stata un campo privilegiato della pittura europea, ma è con l’istituzionalizzazione
della prospettiva nei primi decenni del Quattrocento - nella Firenze di Filippo Brunelleschi - che la città assume una rilevanza particolare:
l’“imago urbis” diviene una sorta di manifesto delle ambizioni del principe, il modo di mostrare al mondo ricchezza e bellezza, la possanza
municipale e la prosperità delle sue genti. La rivoluzionaria invenzione della prospettiva consente di esaltare le virtù di una città con nuove
tecniche e rinnovati strumenti di rilevamento: così come fioriscono le “laudes” medievali e le “cronache” rinascimentali che esaltano in testi
letterari tali qualità - contemporaneamente e parallelamente - vengono redatte tavole e tele dipinte, affreschi e, più tardi, incisioni in legno e
in rame che testimoniano in modo diretto e immediato le ambizioni municipali.
A partire infatti dalla seconda metà del Quattrocento le
maggiori città si dotano di questi affascinanti strumenti di persuasione al servizio delle ambizioni di papi, principi e sovrani: come le vedute di
Francesco Rosselli per Roma - presente in mostra con l’unica copia di un originale perduto -, Firenze e Napoli (la Tavola Strozzi) che per
sacrosante ragioni di tutela non possono essere trasferite. Questa stagione del Rinascimento ha il suo acme in quel mirabile monumento xilografico
che è la Venetie MD di Jacopo de’ Barbari, che porta la data spartiacque del 1500, di cui si mostrano i fogli e accanto i legni originali. La mostra
ripercorre questa storia dalle origini in età moderna alla fine del Settecento.
L’Italia ha certamente un privilegiato primato, ma a partire
dal XVI secolo sono le grandi nazioni d’Europa - dalla Spagna alla Francia, dai principati tedeschi alle città dei Paesi Bassi, fino all’Inghilterra
e alla Russia - a essere contaminati da questo bisogno di rappresentare le loro capitali o comunque le città dominanti che vengono di volta in volta
emergendo sullo scacchiere europeo.
Ogni città d’Europa ha un suo straordinario repertorio iconografico: compito della mostra è stato quello
di selezionare le immagini di maggiore suggestione e di più forte impatto qualitativo e spettacolare. Partendo dal centro d’irradiazione che è
l’Italia, si passa a illustrare le più importanti città d’Europa. Si possono visitare immagini di città che in larga parte “non esistono più” - si
pensi solo alla veduta di Londra distrutta dall’incendio (1666) e a quella della città ricostruita di Peter Tillemans nel XVII secolo -, valutando
l’evoluzione delle tecniche di rappresentazione (articolate e complesse), l’emergenza di talune figure di pittori-topografi, le intenzionalità di
ciascuna scuola o nazione artistica.
Non v’è dubbio che a partire dal XVII secolo il primato dell’Italia viene affiancato dalla straordinaria
fioritura della scuola tedesca e fiammingo- olandese, la seconda delle quali colonizza l’Inghilterra. L’eccezionale produzione degli
Atlanti - da quelli di Münster a quelli dei vari Braun, Hogenberg e Merian - con immagini urbane è una storia nella storia che principia da
Basilea e Francoforte, si radica ad Amsterdam e di lì a Londra, Parigi, Lione, Madrid in una lenta e affascinante ideale contesa. La mostra vuole
essere la “mise en scène” di quanto ho narrato in maniera sistematica nel mio saggio Ritratti di città. Dal Rinascimento al secolo XVIII (2011).
A partire dal XVII secolo il primato dell’Italia viene affiancato dalla straordinaria fioritura della scuola tedesca
e fiammingo-olandese

