«Hai mai visto un orologio fermarsi nel preciso istante in cui lo guardiamo? Io sì, mi ha divertita! Niente più si muove. Il tempo è sospeso per sempre»(1), pronuncia la sfinge Kay Sage. E ancora domanda: «Se un buco fosse solo un buco senza qualcosa intorno, chi saprebbe che è un buco e come lo troverebbero?»(2).
L’artista era ossessionata dall’enigma dello spazio nell’immobilità del tempo. Era tormentata dal vuoto, rappresentato nella sua pittura in modo
algido, vertiginoso, per simboleggiare le infinite distanze che separano l’essere dal divenire. Sovrastrutture imponenti, architetture esili quanto
presenti, fragili gabbie esistenziali, obelischi della solitudine. Era introversa, schiva, nonostante l’altezza, i sottili capelli biondi e
ondulati, la pelle marmorea rendessero difficile non notarla in società. Katherine Linn Sage nasce il 25 giugno 1898, ad Albany (Stato di New York),
da genitori non perfettamente assortiti: Henry Manning Sage, senatore dello Stato di New York, fervente conservatore e facoltoso industriale, e Anne
Wheeler, anticonformista e licenziosa, fisico seducente e fragilissima psiche. Kay è la seconda figlia, cresce tra gli agi e le nevrosi materne,
scandite dalle lunghe traversate in transatlantico per recarsi annualmente a Parigi a rinnovare il guardaroba o in Italia, a Rapallo (Genova) per le
vacanze estive. Durante i lunghi tragitti oltreoceano, seduta sul ponte della nave disegna per ore, fissando l’infinita distesa blu del mare avvolto
nella bruma.
Nel 1900 i suoi genitori divorziano, uno scandalo nell’America puritana che segna l’artista mentre segue la madre sempre più instabile. Nel 1914 si
iscrive alla Corcoran School of Art & Design di Washington. Qualche anno dopo, scoperta la sua relazione con un uomo sposato, il padre invia la
figlia dalla madre a Rapallo ma alla villa a strapiombo sul mare e alla tirannia materna preferisce lo studio e nel 1920 si trasferisce a Roma,
inizialmente nei pressi della stazione Termini, poi acquista un grande appartamento nel vetusto palazzo Rospigliosi, sulla piazza del Quirinale.
