Nsono moltissimi i film che offrono spunti teorici sulla pittura e sull’atto del guardare e del vedere. Non arrivano a tanto in genere le biografie cinematografiche di pittori, che spesso navigano nell’aneddotica o certi film impreziositi da citazioni o “tableaux vivants”. Tra le pellicole che mettono al centro l’atto del dipingere e il quadro stesso spiccano Ipotesi del quadro rubato di Raúl Ruiz, La Belle noiseuse di Jacques Rivette, Il sole della mela cotogna di Victor Erice, perfino forse I favoriti della luna di Otar Iosseliani. A questa ristretta cerchia si aggiunge il recente Ritratto della giovane in fiamme (Portrait de la jeune fille en feu, 2019) di Céline Sciamma. È il primo di un regista donna in questo genere e anche le quattro protagoniste sono tutte donne, con tre sole, brevi, comparsate maschili. La storia è presto detta: intorno al 1770 una giovane pittrice, figlia d’arte, è inviata in un’isola della Bretagna allo scopo di ritrarre una giovane la cui effigie servirà da presentazione a un nobiluomo milanese perché la sposi. La pittrice deve fingersi dama di compagnia per carpire elementi sufficienti a eseguire il ritratto. Tra le due donne accadono diverse cose tra cui una sfida a conoscersi anche attraverso lo sguardo della pittura. Il film dice in modo delicato ma originale qualcosa di importante sul rapporto creare-vivere, osservare e vedere, amare e rinunciare. Lo dice facendo ricorso a uno sguardo inedito sul corpo della donna, che lo vede meno come oggetto del desiderio, focalizzandosi di più su un’indagine a tutto tondo sulla personalità. E si abbevera a un immaginario visivo che va dalle illuminazioni alla Fantin-Latour agli interni tipici di Hammershøi. La serva sembra modellata sulla celebre Cioccolataia di Liotard e la scena sulla battigia, con le due giovani bendate, desta varie reminiscenze, dai pittori simbolisti a Magritte. C’è inoltre anche un riferimento a una singolare fotografia della armena Armen Susan Ordjanian (Self Portrait, 1981) quando si vede il nudo della promessa sposa con il pube coperto da uno specchietto tondo che riflette il volto dell’altra. Un film da recuperare. European Film Award 2019 per la migliore sceneggiatura.
Camera con vista
AMOR FEU
di Luca Antoccia