InternI / esternILa pIttura dI genere

Un numero considerevole di dipinti olandesi del Seicento ha come soggetto momenti di vita quotidiana, in interno o in esterno:

riunioni di famiglia, scene di mercato, feste di paese, avventori di taverne, gruppi di musicanti, scene di bordello, attività domestiche, incontri galanti. Il rimando più immediato è alle feste paesane di Pieter Brueghel il Vecchio, ma anche in Italia, Spagna, Germania e Francia soggetti analoghi cominciano a essere diffusi a partire dalla fine del Cinquecento. In realtà l’attrattiva del dettaglio realistico era molto presente nella tradizione nordica già dal Tre-Quattrocento, basti pensare alle miniature di certi libri d’ore con scene di lavori dei campi, o alla cura dei particolari di un interno nella pittura di Jan van Eyck o di Robert Campin. 

In ogni caso è nell’Olanda secentesca che il genere conosce un’accelerazione mai vista prima. 

Va subito detto che quei dipinti - indiscutibilmente realistici - non sono “spaccati di realtà” nel senso in cui lo sono i reportages giornalistici o le indagini antropologiche. Le scene raffigurate non sono casuali, anzi ci troviamo di fronte a una ristretta casistica di soggetti; a selezionarli ha provveduto il mercato, e i pittori hanno volentieri creato delle situazioni paradigmatiche, convenzioni ripetitive cui attenersi. Si tratta in ogni caso di un genere - “il genere” per eccellenza - comunemente considerato inferiore alla pittura ispirata a vicende o personaggi religiosi, storici, mitologici o letterari. Il pittore e teorico Samuel van Hoogstraten - autore di nature morte, ritratti e scene di interni - nel suo Inleyding tot de hooge schoole der schilderkonst (Introduzione all’accademia della pittura, 1678) colloca questa categoria negli ultimi posti della scala gerarchica, poco sopra la natura morta e i paesaggi. 

Per comprendere le ragioni del loro successo è necessario chiedersi qual era lo scopo di simili raffigurazioni. Gli olandesi affidano alle opere d’arte una parte del compito di “rappresentarli”; in un contesto abitativo di strutture non troppo dissimili fra loro, in una società che (almeno per la prima metà del secolo) non vede di buon occhio esibizioni troppo appariscenti di benessere e veste quasi invariabilmente di nero, l’interno della casa è considerato come l’unico luogo in cui fornire sobrie indicazioni supplementari circa il proprio status, i propri gusti e le proprie aspirazioni. Ma la domanda cui è più difficile rispondere è: cosa vedevano in quei quadri?


Samuel van Hoogstraten, Interno (Le pantofole) (1670 circa); Parigi, Louvre.