Purtroppo l’emergenza Covid-19 ha costretto a rinviare dalla primavera all’autunno L’età dell’oro, la doppia esposizione che a Venezia in piazza San Marco, con l’installazione alle finestre del museo Correr, e a Ca’ Pesaro, celebra gli ottant’anni di Fabrizio Plessi. Nato a Reggio Emilia, l’artista arrivò a Venezia a quindici anni. Lì frequentò il Liceo artistico e l’Accademia di belle arti, divenendone poi docente.
Perché la scelta era caduta su Venezia? «Perché», mi confida Plessi, «ero stato attratto dai miti della Biennale e dell’Accademia, una delle più importanti d’Italia».
Il mare che pervadeva la Dominante lo ammaliò, gli provocò uno specie di shock acquatico al punto da renderlo quasi schiavo.
Al liceo trovò un grande pittore come Edmondo Bacci, che diventò per lui una sorta di mentore portandolo alla Galleria del Cavallino di Carlo Cardazzo e
a visitare la collezione di Peggy Guggenheim.
Venezia emanava cultura da ogni sua pietra: per esempio, nel 1960 Plessi vide alla Fenice la prima di Intolleranza di Luigi Nono, con costumi e scenografie di Emilio Vedova; oppure, più tardi, Einstein on the Beach di Robert Wilson. E poi la Biennale, che esercitò su di lui un forte impatto potendovi ammirare Bacon, Twombly, Rauschenberg, laddove l’Italia artistica di allora era rappresentata soprattutto da Guttuso, Migneco, Cassinari e Morlotti.
Dentro il magico mondo veneziano Plessi fece una solenne promessa, che si trasformò quasi in un’ossessione: riuscire, un giorno, a esporre al Guggenheim
di New York. Sogno che si realizzò nel 1998.
(Fabrizio Plessi)