Il gusto dell'arte 


L’UOVO IN TUTTE
LE SALSE

di Ludovica Sebregondi

Alla ricerca di preparazioni alimentari e prodotti che trovano nell’arte puntuali riferimenti, al di là di epoche, luoghi e tradizioni: frittata e omelette

«Venerdì sera insalata, minestra di pisegli e uno pesce d’uovo e 5 quattrini di pane. Sabato burro, insalata, zuchero e pesce d’uovo». Simili parche abitudini alimentari sono annotate quotidianamente dal Pontormo nel Libro mio, il diario tenuto fra il 1554 e il 1556. Tra le pietanze ricorre spesso il «pesce d’uovo», come veniva chiamata in Toscana l’omelette che, ripiegata su se stessa, acquista una forma allungata. Due mondi: quello della frittata, di forma rotonda, sottile e cotta su entrambi i lati e quello dell’omelette, in cui un bordo viene chiuso sull’altro ed è spesso farcita con ingredienti salati o dolci. Le due preparazioni, accomunate dall’uso delle uova, si differenziano dunque per cottura e ingredienti.

È una frittata sottile e rotonda quella che Filippo Tarchiani (Castello, Firenze 1576 - Firenze 1645) dispone sulla tavola d’osteria dove si sta svolgendo la cena in cui Cristo si manifesta a due discepoli dopo la Resurrezione. Il Vangelo di Luca narra che si era unito a essi sulla via per Emmaus (24, 16) ma «i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo ». Poi, quando «fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (24, 30-31). Cristo non viene identificato dall’aspetto ma da un gesto, tuttavia il pittore gli conferisce i tratti che lo rendono familiare allo spettatore: volto ovale, corta barba, lunghi capelli.