Grandi mostre. 2
Ardengo Soffici a Poggio a Caiano (Prato)

la luce dei giorni
il ritmo delle
stagioni

A cinquant’anni dalla morte di Ardengo Soffici, una mostra, illustrata qui dal curatore, evidenzia il suo profilo attraverso una carrellata di dipinti sul paesaggio, tema caro all’artista ed evocativo della sua vita.

Luigi Cavallo

Per il cinquantesimo anniversario della scomparsa di Ardengo Soffici (Rignano sull’Arno, Firenze 1879 - Forte dei Marmi, Lucca 1964) il Museo Soffici e del ’900 italiano di Poggio a Caiano (Prato) propone una rilettura dell’artista in chiave monotematica: cinquanta dipinti dal 1903 agli anni Sessanta dedicati al paesaggio; paesaggio come identità stessa di un autore e come metafora dell’intera sua opera (Ardengo Soffici. Giornate di paesaggio, fino al 27 luglio). 

Nell’edificio creativo di Soffici convivono, con pari dignità, letteratura - poesia, narrativa, critica - e arte. La sua figura culturale nel secolo scorso ha avuto rilievo di tale ampiezza che può intendersi anche solo da qualche frase di Giorgio Morandi (1964): «Quando avevo diciannove, vent’anni in quell’età ch’è la più importante per la nostra formazione, noi giovani trovammo per la nostra cultura il terreno già dissodato proprio per merito di Soffici. Fu lui a indicarci le strade che a quel tempo s’aprivano davanti a noi». 

C’è modo di valutare il contributo storico di Soffici toccando pochi argomenti determinanti tra il 1907 e il 1915, cioè dal suo rientro in patria dopo i sette anni trascorsi a Parigi, fino alla partenza per la guerra. Un lavoro fecondo di azioni del tutto originali per il nostro paese: il primo scritto su Cézanne (1908) e la prima mostra degli impressionisti a Firenze (1910); la fondazione con Prezzolini e Papini della rivista “La Voce” (1908), che segnò una linea di critica dell’arte di netta cesura con gli argomenti dell’estetica romantica, verista, decadente, e mise in vista nel nostro panorama Medardo Rosso, Picasso, Braque, Rousseau il Doganiere.


Mare al Forte (1954).