Una domanda forse paradossale, nella sua semplicità: com’era Van Gogh? La mostra di Padova cerca di spiegarlo, ancor meglio che raccontarlo. Attraverso tanti capolavori, sia della pittura sia del disegno e con il riferimento continuo alle lettere, scritte non solo al fratello Theo ma anche ad altri. Pittori come Gauguin, Bernard e Signac, componenti della famiglia come la madre o la prediletta sorella Wil, o gli amici di Arles, dal postino Roulin ai gestori del Café de la Gare, i coniugi Ginoux. Una mostra che non ha desiderio di vuoto sensazionalismo ma vuole unire la bellezza e la qualità delle opere alla precisione nella ricostruzione della vita.
Com’era dunque Van Gogh? Theo scrive così a Wil: «È come se in lui ci fossero due persone differenti, una meravigliosamente dotata, sensibile e gentile,
e l’altra fredda ed egoista. Queste due persone si alternano, tanto che la prima segue un modo di ragionare e poi arriva la seconda, e sempre con
argomentazioni favorevoli o contrarie. È un vero peccato che egli sia il peggior nemico di se stesso, perché in questo modo non solo rende difficile la
vita agli altri, ma soprattutto la complica a sé».