Grandi mostre. 5
La Fuga in Egitto dall’antichità agli anni Trenta del Novecento a Cremona

UNA STORIA
DI SUCCESSO

Tramandata dal Vangelo di Matteo e ripresa dai Vangeli apocrifi, la Fuga in Egitto è stata oggetto di attenzione fin da tempi remoti. L’esposizione cremonese ripropone diversi momenti dell’episodio a cominciare da quello legato al Riposo, più volte rappresentato da Orazio Gentileschi.


Maurizia Tazartes

Il tema della Fuga in Egitto è uno dei più rappresentati nell’arte, come la Natività. La fonte antica di questa affascinante iconografia è l’evangelista Matteo che, dopo aver descritto la nascita di Gesù, racconta di un sogno di Giuseppe in cui un angelo lo avverte di prendere Maria e il bambino e fuggire in Egitto, perché Erode sta cercando il piccolo Gesù per ucciderlo. Giuseppe, svegliatosi, prende madre e figlio e nella notte fugge in Egitto. Lì si ferma sino alla morte di Erode, per adempiere la profezia del Signore: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio» (Matteo 2, 13-15).

Matteo è l’unico dei quattro evangelisti canonici che ricordi l’episodio. In compenso, sulle sue poche e stringate righe, sono fioriti nel corso dei secoli altri racconti, a cominciare dai Vangeli apocrifi (Vangelo dello Pseudo-Tommaso, III o IV secolo; Vangelo dello Pseudo- Matteo, fine VI-inizio VII; Vangelo della Vita di Gesù in arabo, V-VI secolo). Per continuare con testi vari, come la Storia di Giuseppe il falegname, uno scritto egiziano del IV-V secolo - noto da traduzioni arabe e copte più tarde -, che ha la caratteristica di riflettere sulla figura umana di Giuseppe e di avere come protagonista narrante lo stesso Gesù; la Visione di Teofilo, che prende il nome dal patriarca di Alessandria vissuto tra il IV e V secolo - da attribuire forse a un vescovo egizio vissuto nell’XI secolo - e tanti altri scritti: nordici, fiamminghi ed europei in genere, sino ai racconti dei viaggiatori dal basso Medioevo all’Ottocento.