Il Museo nazionale scienza e tecnologia Leonardo da Vinci, a Milano, è sempre stato, dalle sue origini (1953), un luogo mitico e meraviglioso, dove il pubblico riscopriva, attraverso straordinari modelli in legno funzionanti, la magia della scienza, sempre sospesa nelle visioni leonardesche tra la necessità di un presente che chiede soluzioni concrete ai problemi del proprio tempo e una lettura del futuro, cercata e indagata nelle possibilità “progettuali” presenti nella stessa natura: una visione aristotelica del mondo, aperta ai contributi delle nuove scienze.
Un museo che fino alla progettazione dei nuovi spazi, inaugurati a dicembre 2019, e poi per alcuni mesi chiusi (come l’intero edificio) per la pandemia,
ha rappresentato una sorta di grande laboratorio dove potervi toccare con mano l’immaginario del genio toscano, tra un passato storicizzato e un
presente che cercava di andare oltre il livello e le possibilità delle tecnologie del proprio tempo.
Prendendo a prestito il titolo di uno degli ultimi libri di Massimo Cacciari, La mente inquieta. Saggi sull’Umanesimo, Leonardo appare ai nostri
occhi una mente irrequieta che si addentra, come scrive lo stesso da Vinci, «nelle varie e strane forme fatte dalla artifiziosa natura». Una grande
caverna dove prova «paura e desiderio », prodotti dalla «minacciosa e scura spelonca».