Era fuori dagli schemi, insofferente a ogni etichetta, amante dello scandalo e poi idolo dei collezionisti - proprio come sono o vorrebbero essere gli alfieri dell’arte contemporanea. Eppure oggi Gustave Courbet (1819- 1877) ricomincia appena a galleggiare nella tempesta che sta mandando a picco il mercato dell’Ottocento e che rischiava di travolgerlo. A poco sembrava servisse la sua presenza nei più noti musei mondiali.
Courbet nacque in un piccolo villaggio vicino al confine fra Francia e Svizzera, ma presto prese la strada che gli dettava il suo talento e si trasferì
a Parigi per completare gli studi artistici. Lì imperavano il romanticismo e gli emuli di David, ma lui scelse un altro percorso, legato al Seicento e
alla rappresentazione non idealizzata del mondo, che lo avrebbe portato a diventare uno dei padri del realismo ottocentesco. La sua carriera stentava a
decollare, finché la furbizia non lo spinse a sfruttare la latitanza della giuria di accettazione al Salon del 1848, per esporre qualche sua opera in
quella che era allora la fiera d’arte per eccellenza e a guadagnarsi così una prima fetta di notorietà.
È di quegli anni il Ritratto del parrocco Bonnet d’Ornans, in cui Courbet riprese la lezione dei grandi maestri secenteschi immergendola nella
vita del suo villaggio natale che conosceva approfonditamente. Il risultato è una innovativa raffigurazione del curato, fedele alla sua umile realtà e
alla sua semplice personalità, ma eseguita riprendendo lo stile della pittura grandiosa del XVII secolo, a partire dalla luce dello sfondo alla
Rembrandt e dal chiaroscuro alla Velázquez. L’opera è stata aggiudicata da Pierre Bergé (Bruxelles, 31 maggio 2011) per 187mila euro - cifra che potrà
sembrare contenuta per un maestro come Courbet.