Morris fu uno dei più prolifici poeti vittoriani, forse il più grande artista-artigiano del suo tempo, un abile impresario nel business della decorazione e dell’arredamento, un appassionato riformatore sociale e ambientalista, un educatore, per diventare all’età di cinquant’anni un convinto socialista. Nell’odierna epoca di estrema specializzazione riesce difficile comprendere la versatilità di Morris. Egli fu sia un realista che un sognatore, una dicotomia che delineò il suo carattere e informò costantemente la sua vita. Questa lotta continua fra ideali e realtà divenne il principale sprone per il suo lavoro creativo e il potere dell’immaginazione lo aiutò a superare i limiti di una tranquilla educazione tipicamente vittoriana. Ma fu una lotta che ebbe anche conseguenze non positive come il suo idealizzato innamoramento e il matrimonio, che si rivelarono infelici, e la sua fervente credenza nella “santità” della bellezza e nell’eccellenza dell’esecuzione artistica che restarono tuttavia negate a molti le cui esistenze Morris intendeva migliorare.
William era nato nel 1834 a Elm House, Walthamstow (Essex), vicino a Londra, terzo di nove figli, da una famiglia benestante della borghesia vittoriana, industriosa e priva di stimoli estetici. Preferiva spendere il suo tempo per sé, vorace lettore dei racconti di Walter Scott con eroi e castellane, mentre solitarie cavalcate su un pony esaltavano, tra stupita ammirazione della bellezza e curiosità scientifica, la sua scoperta di foreste, chiese, edifici. Ammirazione e curiosità che spiegano quella che nella maturità sarà la sua antesignana militanza in favore della conservazione degli edifici antichi che culminerà nella raccolta di firme per bloccare l’intervento sulla facciata della basilica di San Marco a Venezia. Così visitando per la prima volta a otto anni la cattedrale di Canterbury disse che gli si erano aperte «le porte del paradiso». Il vagabondare solitario, come più tardi spiegava Edward Burne- Jones, l’amico di una vita, gli permetteva quella concentrazione assoluta sulle cose viste che nella maturità alimentò la sua prodigiosa memoria visiva per cui quando disegnava una nuova tipologia decorativa, lo faceva d’impulso, senza bisogno di schizzi preparatori.