Storie a strisce
a linus tutti debbono
qualCosa
di Sergio Rossi
Che cosa hanno in comune Umberto Eco, Guido Crepax, Charles Schulz, Copi, Oreste del Buono, Hugo Pratt, Lorenzo Mattotti, Art Spiegelman, Andrea Pazienza, Jean Giraud alias Moebius, Corrado Stajano, Elio Vittorini, Garry Trudeau, Michele Serra e troppi altri da scrivere qui? Facile: sono stati tutti autori della stessa rivista mensile. Dall’aprile 1965 a oggi, tra alti e bassi qualitativi, tra compravendite editoriali e cambi di direttore (Giovanni Gandini fino al 1971, Oreste del Buono fino al 1981, Fulvia Serra fino al 1995, poi Michele Dalai e quindi Stefania Rumor a oggi), con i suoi supplementi e le riviste gemelle (“Alter Linus”, “Corto Maltese”), e le collane di libri, “Linus” ha fatto conoscere ai suoi lettori la maggior parte dei grandi autori di fumetto, illustrazione, satira e giornalismo italiani e stranieri. Ha anche un altro merito, non minore: è stata la prima rivista al mondo a proporre il fumetto per quello che è, ossia un linguaggio alla pari con tutti gli altri, e non un “genere narrativo” oppure un generatore di storie dirette esclusivamente ai bambini (che è il marchio di Caino di questo linguaggio dal “Corriere dei Piccoli” in poi). Come recita l’editoriale del primo numero, la rivista «è dedicata per intero ai fumetti. Fumetti s’intende di buona qualità […] la rivista intende presentare fumetti di avventura, classici per l’infanzia, inediti di giovani autori». Nello stesso pezzo si legge anche: «L’unico criterio di scelta di questa “letteratura grafica” è quello del valore delle singole opere, del divertimento che può trarne il lettore, oggi; non quello di un interesse puramente documentario o archeologico». Sono parole importanti: prima al mondo, “Linus” seleziona le opere in base alla qualità, senza porsi il problema di distinzioni di genere o di destinatario; inoltre le inquadra nel recinto della “letteratura grafica”, anche qui in netto anticipo sul resto del mondo, non per dare loro dei quarti di nobiltà o per includerle in una categoria merceologica più raffinata, ma solo in base alla palese qualità di ciò che viene narrato e per come è realizzato, nei testi come nei disegni, inserendole in un dialogo con la politica e le arti del momento storico in cui sono pubblicate. Non è stata infatti la rivista a rendere adulto il fumetto, come comunemente si crede: è stato semmai il fumetto a strutturare la rivista all’altezza delle opere che proponeva, non solo per la prima volta in Italia o fuori dai confini nazionali di nascita - come per esempio la striscia Pogo di Walt Kelly - ma anche accompagnandole con articoli critici di contesto che ancora oggi stupiscono per la freschezza di scrittura e la profondità di analisi.
“Linus” nasce grazie al milanese Giovanni Gandini e ai suoi amici, molti dei quali conosciuti alla facoltà di Legge dell’Università di Milano, riuniti intorno alla libreria Milano Libri della moglie Anna Maria e Laura Lepetit (tra questi Eco, Del Buono, e i grandi traduttori e consiglieri Ranieri Carano e i fratelli Franco e Bruno Cavallone), che quasi per diletto si inventano una rivista sulla scia del successo dei primi libri dedicati alle strisce dei Peanuts di Charles Schulz. In ciascuno di loro c’era il desiderio di aggiornare la cultura italiana mescolandola con il meglio di quella mondiale, e il fumetto divenne il grimaldello ideale con cui trovare nuove chiavi di lettura della realtà, soprattutto quella politica e sociale. Ecco allora che sulle pagine di “Linus” escono prima che altrove le storie dei Fantastici quattro di Stan Lee e Jack Kirby e quelle underground di Richard Corben; Asterix di Goscinny e Uderzo; i fumetti dei francesi Jean-Claude Forest e Moebius come quelli degli argentini Muñoz&Sampayo e Carlos Trillo e Alberto Breccia; recuperi di opere italiane classiche come il Faust di Pedrocchi e Albertarelli, e di autori affermati all’estero come Hugo Pratt; infine, storie di esordio di autori italiani come Guido Crepax, Altan, Pericoli&Pirella, Calligaro, Chiàppori, Lunari, Andrea Pazienza, Filippo Scòzzari. Oggi “Linus” ha perso la funzione di apripista che aveva tra il 1965 e i primi anni Novanta, ma la sua importanza nella storia di questo linguaggio e di questo paese è imperitura. Ben venga questa cronistoria di “Linus” scritta da Paola Maria Farina (La rivista “Linus”: un caso editoriale lungo quasi mezzo secolo, Editoriale Documenta 2013), vincitrice anche del premio Bibliographica 2012 bandito dalla Biblioteca di Sardegna; il libro fa luce soprattutto sui primi anni di gestazione della rivista che vanno dalla nascita agli anni Settanta: per un’analisi degli anni Ottanta ce ne vorrebbe un altro, che aspettiamo.

