Nel nostro secolo la fotografia segue cammini diversificati, plurali, rispetto ai quali ogni autore ha la possibilità di mettere in campo le proprie idee, di far tesoro del proprio bagaglio culturale, storico, politico, tecnologico per scegliere verso quale bersaglio puntare l’obiettivo e per impegnarsi consapevolmente sul proprio progetto. Il tutto al fine di essere chiaramente individuabile in un contesto fortemente competitivo e attraversato, come già scriveva Italo Calvino in Lezioni americane (prima edizione uscita postuma nel 1988), «da una pioggia ininterrotta di immagini».
Riconoscibili e portatori di un messaggio definito e inequivocabile sono i finalisti della sesta edizione di Mast Photography Grant on Industry and Work, concorso internazionale a cadenza biennale, curato da Urs Stahel, teso a selezionare ogni volta cinque giovani fotografi capaci di misurare il proprio talento nei confronti del mondo produttivo, delle problematiche e dei cambiamenti legati ai processi di sviluppo, del nostro agire economico e sociale. Evento che ha dato luogo all’omonima esposizione, con le opere dei finalisti, fino al 3 gennaio 2021 alla Fondazione Mast di Bologna (www.mastphotogrant.com).
La mostra ci colpisce nel complesso per l’abilità espressiva, per la profondità di analisi visiva, per lo sguardo innovativo che gli artisti
lasciano trapelare dai loro lavori e che ci costringono a fare i conti con contraddizioni, mancanze, ingiustizie, dimenticanze. Di fronte a noi tre
installazioni di Alinka Echeverría (1981, di origine messicano-britannica), vincitrice del concorso con il progetto Apparent Femininity,
nato dalla volontà di recuperare tasselli relativi alla prima fase del cinema e della programmazione informatica, àmbiti nei quali le donne hanno
giocato un ruolo cruciale.
