ati bicchieri cilindrici, muniti di coperchio con presa a cupolino, e capienti brocche decorate con smalti
policromi sono conservati al Museo degli argenti di palazzo Pitti a Firenze. Si distinguono, oltre che per le proporzioni inusuali, per i soggetti
decorativi sacri e profani: processioni di santi, giostre di cavalieri che montano impetuosi e bizzarri destrieri ornati di raffinati finimenti,
emblemi araldici degli stati fedeli al Sacro impero, scene che illustrano battute di caccia, ma anche carte da gioco, insegne di botteghe e di
imprese artigianali. Sono manufatti realizzati con vetro di tonalità verde chiaro, quasi incolore con sfumatura tendente al grigio chiaro o al
giallo paglierino, databili tra l’inizio del XVII secolo e i primi decenni del Settecento e ascrivibili alla produzione delle fornaci di area
germanica. Si tratta di calici, detti “Humpen” o “Stangegläser”, nella versione più alta e imponente, non comuni nei musei italiani ma anche scarsi
in quelli europei e statunitensi poiché l’insolita altezza, che spesso supera i trenta centimetri, e la destinazione riservata a vivaci riunioni
conviviali e allegre bevute allietate da sonori brindisi, li rendevano soggetti a frequenti fratture. La superficie è quasi sempre segnata da linee
orizzontali più o meno nette che segnavano la quantità di vino, ma più spesso di birra, riservata a ogni singolo commensale. Il calice, infatti,
passava di mano in mano in abbondanti e ripetute libagioni, mentre le grandi brocche con corpo globulare, robusta ansa e beccuccio munito di
versatoio erano utilizzate per riempire gli “Humpen” e dare il via a una rinnovata ritualità di piacevolezza conviviale, non priva di eccessi.
La varietà decorativa è evidente nell’attenzione posta nella raffigurazione di stemmi, spesso molto articolati nella struttura araldica e
impreziositi da riferimenti allegorici, dalle iniziali a lettere capitali dell’Elettore («I.G.H.Z.S.G.C.V.B.C.») e dalla data posta in evidenza, per
sottolineare l’evento narrato. Non erano rari calici, come quello che riproduce lo stemma della Sassonia, sormontati dalla corona sorretta da putti
alati che mostra le iniziali «F.A.R.P.E.S.» che alludevano al grano - “Far” -, simbolo di prosperità economica, e al territorio - “Pes” -, volendo
indicare l’ideale connubio di pace e di benessere per lo Stato.
Altri soggetti inneggiavano al ruolo dominante svolto dall’imperatore
circondato dai fedeli rappresentanti delle regioni alleate. Un calice raffigura, entro due fasce orizzontali, l’imperatore a cavallo attorniato
dagli elettori del Sacro romano impero che sono evidenziati nei tratti somatici e nella diversità degli abiti per indicare la differente regione di
provenienza. Le diverse e naturali movenze dei cavalli, tratteggiati nei particolari anatomici, contribuiscono a comunicare la sensazione di
movimento.
Allo stesso modo l’effetto di sequenza narrativa si avverte in una brocca dal corpo globulare che raffigura al centro, seduto su un
trono ligneo, l’imperatore circondato dagli elettori, caratterizzati con meticolosa attenzione negli attributi che alludono con esattezza al ruolo
loro assegnato nella ferrea scala gerarchica della corte. Sopra il trono è segnata la data «1638» e tratteggiata un’iscrizione che inneggia
all’unità politica.
