Studi e riscoperte. 3
Vetri tedeschi al Museo degli argenti a Firenze
 

bicchieri brocche
calici

Un’insolita collezione di vetri databili tra l’inizio del XVII e i primi decenni del XVIII secolo, di produzione germanica, è custodita nel Museo degli argenti di palazzo Pitti a Firenze. Manufatti impreziositi da raffinate decorazioni e raffiguranti soggetti sacri e profani.

Silvia Ciappi

ati bicchieri cilindrici, muniti di coperchio con presa a cupolino, e capienti brocche decorate con smalti policromi sono conservati al Museo degli argenti di palazzo Pitti a Firenze. Si distinguono, oltre che per le proporzioni inusuali, per i soggetti decorativi sacri e profani: processioni di santi, giostre di cavalieri che montano impetuosi e bizzarri destrieri ornati di raffinati finimenti, emblemi araldici degli stati fedeli al Sacro impero, scene che illustrano battute di caccia, ma anche carte da gioco, insegne di botteghe e di imprese artigianali. Sono manufatti realizzati con vetro di tonalità verde chiaro, quasi incolore con sfumatura tendente al grigio chiaro o al giallo paglierino, databili tra l’inizio del XVII secolo e i primi decenni del Settecento e ascrivibili alla produzione delle fornaci di area germanica. Si tratta di calici, detti “Humpen” o “Stangegläser”, nella versione più alta e imponente, non comuni nei musei italiani ma anche scarsi in quelli europei e statunitensi poiché l’insolita altezza, che spesso supera i trenta centimetri, e la destinazione riservata a vivaci riunioni conviviali e allegre bevute allietate da sonori brindisi, li rendevano soggetti a frequenti fratture. La superficie è quasi sempre segnata da linee orizzontali più o meno nette che segnavano la quantità di vino, ma più spesso di birra, riservata a ogni singolo commensale. Il calice, infatti, passava di mano in mano in abbondanti e ripetute libagioni, mentre le grandi brocche con corpo globulare, robusta ansa e beccuccio munito di versatoio erano utilizzate per riempire gli “Humpen” e dare il via a una rinnovata ritualità di piacevolezza conviviale, non priva di eccessi.
La varietà decorativa è evidente nell’attenzione posta nella raffigurazione di stemmi, spesso molto articolati nella struttura araldica e impreziositi da riferimenti allegorici, dalle iniziali a lettere capitali dell’Elettore («I.G.H.Z.S.G.C.V.B.C.») e dalla data posta in evidenza, per sottolineare l’evento narrato. Non erano rari calici, come quello che riproduce lo stemma della Sassonia, sormontati dalla corona sorretta da putti alati che mostra le iniziali «F.A.R.P.E.S.» che alludevano al grano - “Far” -, simbolo di prosperità economica, e al territorio - “Pes” -, volendo indicare l’ideale connubio di pace e di benessere per lo Stato.
Altri soggetti inneggiavano al ruolo dominante svolto dall’imperatore circondato dai fedeli rappresentanti delle regioni alleate. Un calice raffigura, entro due fasce orizzontali, l’imperatore a cavallo attorniato dagli elettori del Sacro romano impero che sono evidenziati nei tratti somatici e nella diversità degli abiti per indicare la differente regione di provenienza. Le diverse e naturali movenze dei cavalli, tratteggiati nei particolari anatomici, contribuiscono a comunicare la sensazione di movimento.
Allo stesso modo l’effetto di sequenza narrativa si avverte in una brocca dal corpo globulare che raffigura al centro, seduto su un trono ligneo, l’imperatore circondato dagli elettori, caratterizzati con meticolosa attenzione negli attributi che alludono con esattezza al ruolo loro assegnato nella ferrea scala gerarchica della corte. Sopra il trono è segnata la data «1638» e tratteggiata un’iscrizione che inneggia all’unità politica.



Manifattura di Dresda, bicchiere (“Humpen”) con coperchio (1701).