nella primavera del 1920 - dopo la cacciata delle forze imperiali ottomane - la Siria è oggetto delle attenzioni
delle potenze coloniali europee; una guarnigione inglese che percorre le rive dell’Eufrate si imbatte in una vasta distesa di rovine e scopre
casualmente alcune pareti affrescate in un edificio che sarà poi identificato come un tempio di Bel (o Baal, divinità fenicia).
La città viene
identificata con la mitica - in quanto mai fino allora individuata - Dura (Europos secondo la denominazione greco-macedone; oggi la dizione
suggerita dagli studiosi è Europos-Dura). Seguono campagne di scavo condotte da archeologi francesi e americani, i quali nel 1932 rinvengono alcune
pitture sulle pareti di quella che appare subito, a tutti gli effetti, una sinagoga. Gli scavi fanno emergere cinquantotto scene di soggetto
biblico, distribuite in ventotto riquadri sulle quattro pareti della sala delle assemblee della sinagoga. Le scene principali stanno sulla parete
ovest, che accoglie anche la nicchia della Torà, il rotolo con il testo sacro della religione ebraica.
È una scoperta che rimette radicalmente
in discussione ogni precedente convinzione sulle origini dell’aniconismo ebraico e sulle possibili fonti iconografiche delle prime pitture cristiane
di carattere narrativo, tutte successive.
Dura era scomparsa dalle carte geografiche e dalla memoria degli uomini da diciassette secoli, e
riappariva adesso a rivelare la propria esistenza di estremo avamposto carovaniero sulle rotte d’Oriente, affacciata su una terrazza naturale sul
fiume Eufrate. Cittadina di scambi commerciali, florida sotto i Parti, poi fortezza romana ai confini con la Persia. Aggredita dai Sassanidi nel 256
d.C. tenta di difendere le sue mura riempiendo di detriti gli edifici che vi erano addossati, tra i quali la sinagoga, appena ampliata e decorata di
pitture; ma non regge all’urto, i Sassanidi distruggono la maggior parte del villaggio e se ne vanno. Da allora nessuno più vi si insedierà.
