DALL’ART BRUTALL’OUTSIDER ART

Il termine Art Brut ha assunto nel tempo una fisionomia storicizzata che coincide con la Collection de l’Art Brut di Losanna mentre oggi, più che una categoria artistica, rappresenta un motore di pensiero critico sullo statuto dell’arte,

nello spirito dello stesso Dubuffet: «L’art brut, lo stato selvaggio o la libertà non devono essere concepiti come luoghi, soprattutto non come luoghi fissi, ma come direzioni, aspirazioni, tendenze […] come un polo, un vento che soffia più o meno forte».
Mentre il museo di riferimento a Losanna ha continuato a crescere negli anni (attualmente la collezione comprende settantamila lavori di circa mille autori), il riconoscimento di questa regione anomala della creatività contemporanea non si è più arrestato, acquisendo anche - oltre al suo nome storicizzato - molte altre denominazioni, tra le quali prevale Outsider Art, affermatasi nel mondo anglosassone da quando lo storico dell’arte Roger Cardinal ebbe a titolare così il primo volume inglese sul tema, pubblicato nel 1972. Rimandando semplicemente a un concetto spaziale in cui è implicita una dialettica tra “dentro” e “fuori”, universi complementari con un differente destino, Outsider Art si è rivelato un termine più flessibile e neutro rispetto alla nozione storica di Art Brut, e ha consentito la formazione di un vero e proprio sistema dell’arte parallelo che ha i suoi musei, le sue gallerie, i suoi collezionisti, le sue riviste, le sue fiere e le sue aste. In una prospettiva globalizzata dal Giappone al Brasile, oggi si contano nel mondo più di ottanta istituzioni museali dedicate e una Outsider Art Fair che si tiene a New York e a Parigi.
Nella crescita di attenzione giocano un ruolo rilevante gli Stati Uniti. La cultura americana appare infatti più pronta al riconoscimento estetico di queste opere eccentriche, anche perché nel solitario, e spesso eroicamente ostinato, “self-taught artist” riconosce un’ulteriore personificazione del proprio mito fondatore: il “selfmade man”. Non a caso, prima del dominio esclusivo dell’ortodossia modernista, la programmazione negli anni Trenta del MoMA neonato e del suo primo direttore, Alfred H. Barr jr., era pronta ad accogliere anche il Folk eccentrico degli autodidatti e le contaminazioni della strada, spingendosi fino a organizzare nel 1937 la prima mostra di un afro-americano, lo scultore autodidatta William Edmondson (1870-1951).


Antonio Roseno de Lima, Ubriaco (senza data); Losanna, Collection de l’Art Brut.


William Edmondson, Senza titolo (Adamo ed Eva, o Coppia egiziana) (1940 circa); Londra, Museum of Everything.