a firenze: l'affermazione
di un grande ritrattista

Il ritorno a Livorno nel 1886, per il servizio militare, e il matrimonio con Emma, con la quale si trasferiva a Firenze, destinata a diventare la sua città di residenza,

non interrompevano i suoi contatti con l’estero, come quando, infatti, già nel 1887, si recava a Edimburgo con la moglie. Occasione di nuovi incontri e di stimolanti esperienze, di cui scriveva all’amico Signorini: «Per mezzo di Ly Mackay che fu il primo a venirmi a trovare, visitai moltissimi studi, fra i quali quelli dell’Hardie, giovine pieno di talento, del Gibb, illustratore perenne degli Highlanders, e del Lockart che ho trovato di una cortesia unica e di un talento rimarchevolissimo». Ma incontrò anche nuovi collezionisti, come informava il critico Yorick: «Fra pochi giorni spero aver finito i lavori che questi buoni scozzesi hanno avuto la semplicità o l’accortezza di confidarmi […] Parlando sul serio ti dirò che ho conosciuto una quantità d’artisti dei quali nojaltri italiani non ci sogniamo neppure l’esistenza, taluni dei quali con un talento personale straordinario».
I riflessi di questa curiosità li ritroviamo in opere di incantevole vivacità narrativa e formale come La visita e Leggendo il “Fanfulla”, cioè il popolare periodico “Fanfulla della Domenica” (1879-1919) fondato da Ferdinando Martini e diretto anche dall’amico Enrico Nencioni, dove comparvero come sul “Capitan Fracassa” le appassionanti cronache mondane di D’Annunzio. Vi si potevano ritrovare figure di donna rese con una tale forza evocativa da suggestionare la ritrattistica contemporanea. Anche Corcos - lo si è già ricordato - veniva identificato come il “peintre des jolies femmes”, secondo la fortunata espressione coniata per lui da De Blowitz corrispondente a Parigi del “Times”, l’interprete delle inafferrabili «creature che hanno in sé qualcosa del fantasma e del fiore», come si espresse, sottolineandone il fascino misterioso, Guido Menasci.
Intanto a Firenze aveva trovato una buona sponda nel gallerista Luigi Pisani che si può considerare per tanti versi l’equivalente italiano di Goupil, preso da lui a modello. Ritratti come quello della Contessa Frankestein Soderini nel 1889 e della Signora in nero del 1890, a figura intera ma di piccolo formato, appaiono caratterizzati dalla stessa ambientazione seducente, sulla riva del mare, dall’atmosfera ammaliante e da quel gusto del dettaglio che erano stati collaudati nelle scene galanti prodotte da Corcos per il mercante francese. Questo compiacimento descrittivo esce fuori dalle convenzioni di un repertorio che rischia la serialità, nell’estro evocativo di un dipinto che rimanda agli incanti del Grand Tour. In Visita al museo una dama elegantissima, seduta di profilo, appare assorta nella contemplazione delle antichità immerse in una magica luce dorata del Museo archeologico nazionale di Napoli. Appare la compagna di colei che se ne sta seduta nell’Interno della Cappella sistina (Parigi, Musée d’Orsay) realizzato verso il 1877 da Bonnat o delle due signore che, in Le mummie del 1875 (Napoli, Gallerie d’Italia - palazzo Zevallos Stigliano) dell’allievo di Morelli, Paolo Vetri, si fermano soggiogate dal fascino misterioso dei reperti egizi dello stesso museo.
A Firenze le relazioni intellettuali intessute dal pittore si riflettevano in una serie di strepitosi ritratti maschili, realizzati uno dietro l’altro. Il primo di questi protagonisti messi a fuoco in maniera straordinaria dal suo pennello è nel 1889 il vecchio Silvestro Lega fermato di profilo, mentre camminava, con la testa china, il cappello ben calcato sulla fronte, il bavero del grande cappotto marrone alzato e abbottonato per il gran freddo. Era un omaggio senza retorica al vecchio ribelle macchiaiolo ormai solo e ridotto in miseria, ma i cui quadri continuavano ad apparirgli «esempi meravigliosi di semplicità». Nel 1926, commemorandolo su “Il Marzocco” in occasione del centenario della nascita, ricorderà di averlo rappresentato dimesso, ma fiero, quando «qualche cosa conservava ancora di quella ricercatezza di un tempo».


Leggendo il “Fanfulla” (1887-1890 circa).

Visita al museo (1890-1895 circa). Questo dipinto, che è un omaggio allo spirito del Grand Tour, rappresenta la VII sala del Museo archeologico nazionale di Napoli dove una dama elegante è seduta in assorta contemplazione dei marmi antichi bagnati da una luce dorata. Si scorgono al centro una grande base scolpita dell’età di Tiberio, mentre in corrispondenza del profilo della donna appare un rilievo celebre, copia romana di un originale attico, con il commiato tra Orfeo ed Euridice. Corcos dimostra una straordinaria capacità di rendere l’atmosfera di un luogo dove il tempo appare come sospeso in un alone di mistero.