cadenzato evidentemente da una sempre maggiore padronanza del mestiere e dalle incalzanti richieste, nel giro di
una mondanità tanto esclusiva da portarlo sino al livello del grande ritrattista di corte quale verrà consacrato con la convocazione a quella
imperiale di Berlino. Il 26 aprile del 1904 l’aiutante di campo di Guglielmo II chiedeva alla bellissima e mondanissima contessa Morosini, che
Corcos aveva ritratto l’anno prima, di favorire un incontro a Venezia tra l’imperatore e l’artista. Nell’ottobre lo troviamo a Berlino, dove era già
stato nel 1895, impegnato nei due grandiosi ritratti del sovrano e della moglie Augusta Vittoria. Il soggiorno tra la capitale e la residenza estiva
di Potsdam gli consentì di prendere una certa confidenza con gli augusti modelli e fu l’occasione per incontrare lo scultore Pietro Canonica, anche
lui un grande ritrattista, impegnato in una mostra personale, e Ruggero Leoncavallo venuto per la rappresentazione del melodramma Roland von Berlin.
I due ritratti imperiali - quello del kaiser è finito nell’Ufficio delle imposte di Monaco di Baviera, mentre l’altro risulta per ora
irrintracciabile ma documentato da una vecchia foto - furono l’occasione per riconsiderare la tradizione aulica del ritratto di corte, quella
rifondata da Meng, Batoni e Giovanni Battista Lampi e poi proseguita per tutto l’Ottocento. Guglielmo II è rappresentato, come avveniva nella
ritrattistica d’epoca neoclassica, con sullo sfondo il busto di Federico il Grande per cui nutriva un vero culto. Altri ritratti celebri,
quello di Amelia d’Orléans e Braganza, l’infelice regina di Portogallo, eseguito nel 1905, quindi tre anni prima del drammatico
attentato in cui moriranno il marito Carlo I e l’erede al trono, e i due di Margherita di Savoia lo consacreranno come il «ritrattista delle teste
coronate», «il radioso pittore» che, unendo «il fascino italiano all’eleganza parigina», rammentava «gli artisti italiani del Cinquecento, che
venivano trasformati di punto in bianco in messi segreti di fiducia e in ambasciatori».
La sua abilità nelle relazioni sociali, la capacità di
entrare in confidenza con i clienti, anche i più illustri, unite all’assoluta padronanza del mestiere e a una rara capacità di penetrare e rendere
le psicologie di chi gli stava davanti in posa, gli assicurarono un successo inossidabile sino all’ultimo, quando nel 1931, tre anni prima della
morte, veniva incaricato di rendere in tutto il suo “glamour”, davvero speciale, la giovane sposa dell’erede al trono d’Italia, Maria José. Quindi
dal 1900 per oltre trent’anni continuò a rielaborare la sua formula del ritratto mondano che, fondata su elementi desunti dalla tipologia della
ritrattististica di corte, gli servì a incoronare le grandi dame, vere regine della Belle époque, come Anna Rombo Morosini, Nerina Volpi di
Misurata, Elisa Corazzini, la principessa di Castelvetrano, Carolina Sommaruga Maraini, Diane de la Bouchère principessa Odescalchi Ruspoli, o le
protagoniste delle scene, come la celebre soprano Lina Cavalieri, la «Venere in terra», come la definì D’Annunzio, la «donna più bella del mondo»
quale pretenderà reincarnarla Gina Lollobrigida. È forse proprio nel suo ritratto del 1903 che più si confrontava con Boldini, da cui altrimenti si
distaccava nella definizione degli abiti e soprattutto dell’ambiente che nel pittore ferrarese restano poco più che un’evocazione. Corcos osò
addirittura resuscitare il ritratto divinizzato come nella sontuosa apparizione di Maria Luisa Isabella Spada Veralli principessa Potenziani e di
San Mauro, splendidamente algida nella sua “chaise longue” dove moderna Diana, di cui porta il diadema a forma di mezza luna, sembra far rivivere il
fascino della Madame Récamier di David o della Paolina di Canova.
La realtà sembrava prendersi la sua rivincita nei due ritratti del
1901 e 1904 di Jole Moschini Biaggini, amica e confidente di Fogazzaro cui aveva ispirato il personaggio di Jeanne Dessalle, inquieta protagonista
di Piccolo mondo moderno; ma soprattutto, nella impressionante istantanea di Emilio Treves, il grande editore di D’Annunzio, Verga, Capuana,
De Amicis, Deledda, Gozzano, Pirandello e delle riviste popolari come “L’Illustrazione Italiana”, fermato nel 1907 in tutta la sua ingombrante
fisicità che si impone come quella dell’immortaleg di Ingres. Lo stesso spietato rilievo fotografico caratterizza altri ritratti maschili,
come quello del marchese Mannelli Galilei Riccardi nel 1915.
i ritratti di corte
e gli idoli della mondanità
Verso lo scadere del secolo si intensificava la produzione dei ritratti, a un ritmo quasi forsennato