Il padre è un benestante imprenditore la cui attività fiorente assicura al figlio una buona formazione e una vita agiata. Vicsur-Seille, tutt’altro che un villaggio contadino, fa parte del vescovado di Metz, è sotto il protettorato della corona di Francia e sede di alcune attività amministrative e giudiziarie.
Non sappiamo esattamente dove Georges abbia appreso i segreti tecnici dell’arte, nessun documento ci consente di affermare con certezza un apprendistato
presso il locale atelier di Claude Dogoz. Del resto, in quegli anni era Nancy, residenza del duca, il centro della Lorena più ricco di vita
intellettuale e artistica ed è pertanto possibile che, compiuta la prima formazione, La Tour possa esservisi recato e aver incontrato Jacques Bellange
(1575-1616), valente pittore della capitale, le cui ricerche luministiche potrebbero aver esercitato un certo fascino sul giovane artista(5).
Storicamente la Lorena era una terra aperta, un luogo di passaggio all’incrocio di due grandi assi: uno dall’Italia ai Paesi Bassi e l’altro da Parigi
all’Impero. La politica dei duchi aveva accentuato questa apertura naturale. In tempi di prosperità la regione accoglieva artisti e artigiani di varie
provenienze mentre a Roma si era formata una colonia lorenese la cui esistenza, favorendo gli scambi commerciali e culturali, aveva contribuito a
consolidare, presso gli artisti, la pratica del viaggio in Italia. Nessuna prova documentaria, tuttavia, conforta l’ipotesi che La Tour si sia recato a
Roma o in altro centro italiano negli anni successivi all’apprendistato. Per contro, un documento del 1613 attesta la presenza a Parigi di un Georges de
La Tour verosimilmente identificabile con il nostro pittore. Se si esclude il pur possibile caso di omonimia, l’allora ventenne La Tour avrebbe dunque
frequentato la capitale francese con tutte le implicazioni culturali che ciò comportava(6). Sebbene certamente dipinta in Lorena, è da Parigi, forse dalla casa di un collezionista, che giunge ad Albi, nel 1694, la serie degli apostoli
destinata ad abbellire la cappella di San Giovanni nella cattedrale(7) e punto di partenza dell’indagine umana di La Tour.
Dei tredici personaggi di cui il ciclo si componeva sono stati reperiti solo sei originali: Giacomo minore, Giuda Taddeo,
Filippo, Andrea, Tommaso e Giacomo maggiore.
Il ciclo, ascritto al periodo 1614-1615 o al 1620-1622, non era un’assoluta novità iconografica, e tuttavia spicca il potente, inedito realismo
dell’interpretazione latouriana che trasforma la serie in una vera e propria galleria di ritratti, una sequenza variata di modelli di fede. Fin dagli
esordi l’artista mostra di rifiutare la retorica agiografica manierista e, nel cercare la somiglianza fra l’immagine e il mondo naturale, pone le basi
per una personale ed efficace rivitalizzazione dell’immaginario religioso.