l'evento collaterale sicuramente più atteso e discusso della prossima Artissima (dal 7 al 9 novembre) è la
seconda edizione di One Torino, mostra promossa dalla fiera d’arte torinese che ha debuttato l’anno scorso coinvolgendo i principali musei e
istituzioni della città e del suo territorio, e che quest’anno avrà un curatore d’eccezione: Maurizio Cattelan, affiancato da Myriam Ben Salah e
Marta Papini, l’una curatrice al Palais de Tokyo di Parigi, l’altra curatrice indipendente.
Cattelan è riuscito come sempre a suscitare grande
curiosità, rivelando poco, confondendo molto e prendendo tutti per il naso. A cominciare dalla notizia che ha fatto pubblicare su e-fux.com, uno dei
portali di informazione e promozione dell’arte più letti, il cui titolo, invece di riguardare la mostra, annunciava l’inaspettata nomina di un nuovo
direttore della Tate Modern. Una bufala che ha fatto sorridere anche lo stesso Chris Dercon, il direttore - tuttora in carica - del museo londinese,
provocando un tam tam di commenti, reazioni e interesse per una mostra che è stata definita dai suoi stessi ideatori come la più «soggettiva,
ossessiva, e irrazionalmente non esaustiva possibile».
il pubblico internazionale
Sotto al titolo beffardo di Shit and Die, che riprende uno dei motti di un famosissimo lavoro al neon di Bruce Nauman (One Hundred Live and Die, 1984) - una sorta di mantra o archivio visivo che elenca azioni tanto banali quanto fondamentali per l’esistenza -, Cattelan, Ben Salah e Papini hanno radunato una cinquantina di artisti, che, dal 6 novembre all’11 gennaio, esporranno nelle stanze settecentesche di palazzo Cavour componendo una serie di percorsi narrativi diversi. Accanto ai loro lavori verranno presentati anche alcuni oggetti insoliti e non propriamente artistici che i tre curatori hanno scelto rovistando nelle collezioni di alcuni musei torinesi (il Museo di antropologia criminale, il Museo di storia naturale, il Museo di anatomia umana, il Museo casa Mollino, e altri luoghi simili).
Questo procedimento di selezione, appropriazione e ricontestualizzazione tra il dada e il concettuale è tipico di Cattelan, che ama avvicinare oggetti e immagini tra loro lontani per provocare e spaesare, e soprattutto per produrre una frizione creativa. Si tratta d’altronde di un modello espositivo più volte sperimentato e adottato sia dagli artisti (a partire dalle avanguardie), sia da quei curatori - da Harald Szeemann a Massimiliano Gioni - che si sono confrontati con la figura dell’artista-curatore, da un lato, e la tradizione delle Wunderkammern, dall’altro.
