come tutti i ricercatori, Maria Iorio (Losanna, 1975) e Raphaël Cuomo (Delémont, 1977) amano avere a che fare con
documenti scritti, testimonianze video e audio, e vecchie pellicole. L’archivio è alla base del loro lavoro sia come artisti, sia come accademici
alla Hochschule der Künste di Berna e come curatori di Unfinished Histories - Histoires en devenir. Ideato come ciclo di incontri, e
tuttora in corso (Ginevra, mediateca del FMAC - Fonds Municipal d’Art Contemporain, fino all’8 novembre), questo progetto è nato per divulgare i
materiali conservati al Centre pour l’Image Contemporaine di Ginevra, che fino al 2008 - anno della sua chiusura - è stato il più importante museo e
centro di studi dedicato alle nuove tecnologie dell’arte in Svizzera.
E come tutti i narratori, Iorio e Cuomo amano raccontare storie, di
persone, ma anche di luoghi. I loro video sono epopee dimesse di clandestini ed emarginati. Ripercorrono le vite di coloro che hanno cercato di
riscattare e migliorare la propria condizione - il più delle volte senza riuscirci -, inserendole in un contesto storico e sociale allargato: quello
delle ondate migratorie che, dal secondo Novecento a oggi, hanno coinvolto gran parte del bacino mediterraneo con uno spostamento di massa dal Sud
al Nord.
Il video Sudeuropa (2005-2007) annuncia già nel titolo questa realtà. È uno spaccato della trasformazione di Lampedusa da
isola, e meta turistica, a porto d’attracco e “ponte” per l’Europa. Iorio e Cuomo ci parlano dello sfruttamento di Lampedusa su un doppio registro,
quello del turismo e quello dell’immigrazione, ma alla retorica delle immagini normalmente diffuse dai mass media, che descrivono l’arrivo degli
extracomunitari come un’invasione, contrappongono scene di vita quotidiana, dove chi non è regolarizzato è costretto a vivere nell’ombra. Si tratta
quindi di un lavoro critico sia nei confronti di un immaginario e di una propaganda scorretti, che si reiterano nel tempo rimanendo sempre uguali a
se stessi; sia di un’azione politica inadeguata, se non addirittura mancante, a livello nazionale, ma soprattutto internazionale.
Anche
The Interpreter (2009) narra di esistenze vissute nella semiclandestinità, non in terre lontane, ma nel proprio paese d’origine. Chi ha
cercato di emigrare senza esserci riuscito si ritrova in un certo senso a essere “straniero” tra la sua stessa gente. Il racconto è ambientato in
Tunisia alla fine degli anni Novanta, quando il regime vigente era ancora fortemente totalitario e non c’era libertà di parola. Ecco perché i
ricordi dei due protagonisti, che ricostruiscono il loro giovanile tentativo di fuga, è mediato dalla voce di un narratore (l’interprete del
titolo), dietro al quale i due tunisini devono nascondersi per evitare il pericolo di essere arrestati.
In entrambi i lavori particolare
attenzione è data anche al paesaggio, che inevitabilmente si modifica a causa delle migrazioni, sia esterne che interne. È questo il caso, per
esempio, della regione del Sahel e della sua crescente urbanizzazione, su cui Iorio e Cuomo si soffermano in The Interpreter. Uno dei
luoghi centrali del racconto è un bosco di ulivi - già di per sé simbolico, almeno per noi cristiani -, un tempo rifugio per amanti, ubriaconi e
profughi, oggi pressoché scomparso per lasciare posto ai palazzi costruiti da quei pochi fortunati che, dopo essere scappati, tornano in patria a
ostentare e mettere a frutto la loro nuova ricchezza. Il progetto finora più ambizioso di Iorio e Cuomo, perché nato come lavoro di ricerca
pluriennale, è Twisted Realism (2010- 2012), un insieme di più opere tra loro correlate, tra cui fotografie, documenti, oggetti e un video,
che possono essere presentate singolarmente o una accanto all’altra secondo una disposizione sempre diversa.
Tutto è cominciato da
Mamma Roma, il celebre film del 1962 di Pier Paolo Pasolini, dove Anna Magnani impersona la speranza in una vita migliore, che i due
artisti hanno studiato a fondo per poi ricostruirne, nel video omonimo al progetto, l’ambientazione. Ci sono riusciti raccogliendo testimonianze e
ricordi e setacciando i documenti di tre importanti archivi romani: la Fondazione Archivio audiovisivo del Movimento operaio e democratico,
l’Archivio centrale di Stato e l’Archivio storico dell’Istituto Luce. Il loro obiettivo era, oltre a salvaguardare l’autenticità di una pellicola
che recentemente, dopo essere stata restaurata e digitalizzata, ha avuto una nuova fortuna commerciale, ripercorrere la storia dell’urbanizzazione
italiana del dopoguerra, prendendo come caso-studio uno dei primi esperimenti di “housing sociale” del nostro paese, il quartiere Tuscolano a Roma,
dove Pasolini girò proprio Mamma Roma.
La classe operaia del cinema neorealista torna a essere protagonista in uno degli ultimi
lavori della coppia, Thousand of Possibilities (2013), basato su una pellicola “found-footage” che documenta l’occupazione di una casa -
questa volta nel centro di Roma -, a opera di un gruppo di squatters o baraccati.
I lavori di Iorio e Cuomo compongono una costellazione di
“storie parallele” (il loro sito web si chiama proprio così: www.parallelhistories.org) raccontate da tante voci che mettono in relazione il passato
con il presente, il Sud con il Nord, l’io con l’altro.



