XXI secolo
Trasformisti contemporanei

umano,
postumano

In controtendenza rispetto alla diffusione di una realtà virtuale sempre più marcata, il tema della corporeità assume nell’attuale riflessione filosofica un’importanza fondamentale, arricchita di nuovi contenuti. Su questa scia si inserisce la ricerca artistica degli ultimi decenni che giocando sul travestimento e l’identità infrange regole e immagini stereotipate.

Elena Agudio

la ricerca sul corpo, del corpo e con il corpo è un tema centrale nella riflessione artistica e filosofica degli ultimi decenni. La proliferazione di spazi virtuali e il trionfo della società dell’immagine hanno irreversibilmente messo in crisi il concetto di reale e di realtà, e portato il corpo in una condizione di incertezza ontologica. Di rimando, nel dibattito filosofico è - d’altro canto - emerso un rinnovato interesse per la fenomenologia e la corporeità, e pensatori come Maurice Merleau-Ponty o Francisco Varela hanno trovato un posto centrale nelle ricerche contemporanee sia delle scienze cognitive sia di quelle sociali.
Oltre al dualismo cartesiano di mente e corpo, il pensiero femminista ha il merito di aver articolato con grande precisione e coscienza politica alcune tra le più interessanti riflessioni sulle radici corporee della soggettività: dalla strategia mimetica dell’“embodiment” di Luce Irigaray - che chiama in causa contemporaneamente questioni di identità, identificazione e soggettività politica -, alla questione della «politica parodica della maschera» in Judith Butler(1), fino alle riflessioni più recenti di Elizabeth Grosz e Rosi Braidotti. In Nuovi soggetti nomadi (2001) - attraverso la lezione di Foucault, Irigaray, Deleuze e del monismo spinoziano - Braidotti scrive: «Il corpo, l’incarnazione del soggetto, non sono espressioni che vanno intese come categorie biologiche o sociologiche. Esse indicano piuttosto il punto di coincidenza tra fisico, simbolico e sociologico. Nella politica della parodia - come pratica politica del “come se” - ciò che risulta determinante non è tanto la personificazione o performance mimetica, o la ripetizione di atteggiamenti dominanti, ma piuttosto la capacità di aprire degli spazi intermedi in cui esplorare nuove forme di soggettività politica»(2).



L’immaginazione artistica e la creazione di miti come via d’uscita dalla stasi politica e intellettuale diventano uno strumento poetico di resistenza


 

E sono proprio queste nuove possibili forme di soggettività politica, queste figurazioni alternative, capaci di allentare la gabbia dei vecchi schemi di pensiero, ad avere ispirato alcune delle sperimentazioni artistiche più interessanti degli ultimi decenni.


Steven Cohen, Golgotha - Portrait#1 (New York, 2007).