Vasari non aveva dubbi: per lui Bramante ha avuto il grande merito storico di avviare, in architettura, il rinnovamento della «terza età», o maniera, che egli fa culminare col «divino» Michelangelo, il mito demiurgico e irraggiungibile del Cinquecento. Un giudizio lusinghiero, ma anche una grande responsabilità storica: Bramante, agli occhi del biografo aretino, rappresenta per il nuovo secolo quello che per il Quattrocento era stato il grande Filippo Brunelleschi. Perché, se il «moderno operare» di quest’ultimo fu «di grandissimo giovamento all’architettura», per il nuovo secolo «era necessario che Bramante in questo tempo nascesse, acciò seguitando le vestigie di Filippo, facesse a gli altri dopo di lui strada sicura nella professione della architettura, essendo egli di animo, valore, ingegno e scienza non solamente teorico, ma pratico et esercitato sommamente». E ancora: «Laonde quello obligo eterno che hanno gli ingegni che studiano sopra i sudori antichi, mi pare che ancora lo debbano avere alle fatiche di Bramante. Perché se pure i Greci furono inventori della architettura et i Romani imitatori, Bramante non solo imitandogli con invenzion nuova ci insegnò, ma ancora bellezza e difficoltà accrebbe grandissima all’arte, la quale per lui imbellita oggi veggiamo». La formula vasariana, apparentemente contraddittoria, dell’imitazione dell’antico «con invenzion nuova» coglie con lucidità il carattere sperimentale del linguaggio rinascimentale di Donato e il rapporto flessibile e creativo da lui intessuto con i grandi modelli del passato.
Molti intellettuali del Cinquecento si sono posti, oltre a Vasari, il problema della formazione di Bramante, fornendo risposte molto diverse tra loro e,
a ben vedere, tutte non prive di qualche fondamento. È la prova che la grandezza dell’uomo è ampiamente riconosciuta ma che non la si sa enucleare in
una prospettiva accademizzante, in una logica particolare di scuola o di ambiente. Eppure, non era né un meteorite piovuto dal cielo né una demiurgica e
ideale funzione storiografica. Donato di Angelo di Pascuccio era nato nel 1444 a Monte Asdrualdo (o anche Asdrubaldo, donde il fortunato epiteto di
Asdrubaldino, ma un documento milanese del 1486 già lo designa come «Bramantes de Monteasdrubaldo, filius domini Angeli»), oggi Fermignano, nelle terre
del conte Federico da Montefeltro.