i protagonisti

La tenuta della passione intellettuale e politica di Breton è anche la ragione della straordinaria fioritura del movimento.

Intorno al monarca capace di ordinare ostracismi a compagni di viaggio diventati scomodi - si pensi al sabotaggio della poesia di Éluard imposto nel 1938 a tutti, pena la radiazione dal gruppo - fin dall’inizio si era creata una tensione tale da eccitare gli umori e rinvigorire la competizione. Quella male interpretata teoria dell’inconscio e la non meno cincischiata fede nel potere energetico e vivificante della rivoluzione facevano presa su poeti e artisti che avevano più bisogno di stimoli, di frustate d’orgoglio e di protagonismo, che leggere Marx o Freud. 

A tanta potenzialità creativa occorreva solo una formula che apparisse seducente e soprattutto liberatoria. Non importava analizzarne le contraddizioni e i rischi latenti. Non costituiva un dramma, per esempio, l’ipotesi che socialismo e demagogia potessero essere due facce di una stessa medaglia ideologica. 

Non lo era stato per Ernst, che era riuscito a ricreare un mondo fantastico e metamorfico “possibile”, teoricamente verificabile nella dimensione del profondo. L’artista renano agisce in uno stato di “trance” onirico, non si limita a rappresentare, a oggettivare sogni. Le sue evocazioni visionarie - le foreste, le visioni cosmiche, le città - costituiscono il “work in progress” di una pulsione psichica che si sta fenomenizzando sotto i nostri occhi. Per questo, forse, il repertorio linguistico di Ernst risulta inesauribile, incurante di qualsiasi unità e omogeneità di stile (si pensi alla tecnica del frottage, dove l’immagine nasce dallo strofinamento di una mina di piombo Max Ernst, Alla prima parola chiara (1923); Düsseldorf, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen. sulla carta che ricopre una superficie estroflessa). È una pittura, la sua, dove l’automatismo si realizza al massimo esponenziale, nel momento in cui indica la vertiginosa sequela di provocazioni che Es e Super-Io innescano all’interno del comportamento individuale.


Max Ernst, La vestizione della sposa (1940); Venezia, Collezione Peggy Guggenheim.