l’uomo viene decentrato a vantaggio di un mondo che gli sfugge completamente. «Malattia di cui pretende d’essere la cura», secondo l’irriverente definizione di Karl Kraus, la psicoanalisi resta comunque il sintomo rivelatore di una civiltà entrata in crisi mortale. Tra una sconfitta certa e un futuro incertissimo, l’Europa della prima guerra mondiale e della Rivoluzione russa sente cioè di dover riflettere sulle cause che l’hanno condotta all’abisso. Se Wagner e Nietzsche avevano portato alle estreme conseguenze la “Stimmung” romantica trasformandola in super-umanesimo, Freud restringe il campo d’azione: inchioda cioè l’uomo alla propria individualità cosciente e inconscia, divide e viviseziona l’interezza che era stata delle scienze umane e dell’idealismo. Compie insomma un intervento che quasi in contemporanea Einstein e Proust stavano praticando rispettivamente all’interno della materia e dei flussi della memoria. Segnali anche più precoci erano stati anticipati dall’arte che, come sappiamo, resta un infallibile termometro dei tempi. Segnali sparsi ma inconfondibili, come lo sguardo visionario di Blake e Füssli o l’onirismo simbolista di Moreau, Redon, Toorop, Kubin, tutti battitori liberi il cui merito è di aver insinuato l’“altro” nell’arte.

