È in corso, dal 23 novembre al 22 marzo, presso la Fondation Beyeler di Riehen (Basilea) la personale dedicata a uno dei pittori più interessanti degli ultimi anni: Peter Doig.
Doig ha quasi tutto per non piacere agli specialisti dell’arte contemporanea: sa dipingere, è un figurativo, ha studiato, conosce e rispetta la storia dell’arte, fa frequenti omaggi a maestri del passato, non vuole fare politica coi quadri, rifugge il “circuito” e scappa dai vernissage. Eppure le sue quotazioni sono altissime e i suoi estimatori sempre più numerosi, sino a giungere all’onore della personale di cui stiamo parlando, evento che, dopo la mostra di Edimburgo dello scorso anno, consacra la statura d’eccezione del pittore scozzese. Nel film di Greenaway The Draughtsman’s Contract (letteralmente Il contratto del disegnatore) - uscito in Italia con il titolo I misteri del giardino di Compton House - si sente la frase: «I migliori pittori inglesi non sono inglesi», e ciò si attaglia particolarmente a Doig, non solo perché scozzese di Edimburgo, ma anche in quanto abitante per parte della sua vita in Canada e ora residente con la famiglia nell’isola di Trinidad (Caraibi). Eppure tale cosmopolitismo non gli ha impedito di frequentare regolarmente sia la Central Saint Martins che il Chelsea College of Arts di Londra, dove ha compiuto i suoi studi. Sebbene i galleristi (naturalmente per vendere meglio i suoi quadri) giochino sulla mitologia del “nuovo Gauguin” dichiarando - secondo quanto afferma lo stesso artista - che Doig vive a Trinidad completamente isolato, conducendo una vita pressoché primitiva, il rifugio caraibico ha un senso ben preciso nella vita del pittore scozzese.
