Letture iconologiche
Donna e sogno da Füssli al surrealismo

L'INGANNO
E IL DESIDERIO

Fin dall’antichità mito e attività onirica appaiono strettamente legati.
La dimensione erronea, ingannevole del sogno, fatta di potenza e leggerezza, si lega nell’arte moderna alla figura femminile, in particolare nell’opera di Füssli, Delvaux e Man Ray.

Rossana Mugellesi e Stefania Landucci

Nei sogni cominciano le responsabilità, così recita il titolo di un racconto dell’americano Delmore Schwartz(1), frase vagamente enigmatica e al contempo profondamente vera: non è forse nei sogni che cominciano a manifestarsi impulsi e desideri tanto impalpabili quanto così incisivi da guidare le nostre azioni, con conseguenze talvolta drammatiche(2)? Sono gli antichi a insegnarci che, quando si sogna, bisognerebbe essere perfino più responsabili che non nella veglia perché, come dice Eschilo(3), «quando dorme, la mente scintilla di mille occhi, mentre di giorno gli uomini sono di vista corta». 

I greci elaborarono una cultura del sogno molto raffinata; l’idea di una sua doppia natura potrebbe essere richiamata dalla famosa allegoria omerica delle “porte” dei sogni(4): «Davvero sono sfuggenti e ingannevoli i sogni», dice Penelope allo sposo Ulisse, ancora celato sotto le vesti di un mendicante, «e non tutti si avverano per gli uomini. Due sono le porte degli esili sogni: una è fatta di corno, l’altra d’avorio. Quelli che arrivano passando attraverso l’avorio intarsiato sono ingannevoli, portano un vano messaggio. Quelli che invece giungono passando attraverso il lucido corno dicono il vero quando un uomo li vede». 

Per Socrate, Platone e altri autori classici parlare di sogni equivaleva a parlare dell’anima stessa, della quale il sogno, appunto, diventa una sorta di specchio visibile, lo strumento che consente di percepirne i moti più segreti: non esistono sogni veri o falsi ma sogni tutti veri che danno via via voce all’anima sapiente o a quella irrazionale(5). Forse nella Repubblica di Platone troviamo un’anticipazione di Freud, che non solo definì il sogno come un fenomeno egocentrico che riguarda il sognatore e la sua vita psichica attraverso un linguaggio creato dal sognatore stesso in forme misteriose, ma evidenziò lo stretto rapporto che lega il sogno al mito indicando il sogno come il mito di un individuo e i miti come il pensiero sognante di un popolo(6)

Ovidio, nelle Metamorfosi, è stato il primo a elaborare una vera teoria poetica del sogno(7): in una spelonca, in un luogo in cui domina una muta quiete e si ode solo il conciliante mormorio del fiume Lete (quello dell’oblio) vive il Sonno circondato dai suoi figli, «i Sogni vani, tanti quante sono le spighe del raccolto, quante le fronde del bosco, quanti i grani di rena della spiaggia», ognuno dei quali ha una forma diversa, capace di ingannare in modo diverso. 

Tra questi spicca la figura di Morfeo, “il cangiante” - dal greco “morphé”, forma -, dio poco rassicurante perché ingannatore.


Heinrich Füssli, L’incubo (1790-1791), Francoforte sul Meno, Goethe-Museum.