In principio era la grande esplosione e la grande esplosione era presso Dio e la grande esplosione era Dio. Dio disse: «Sia il Big Bang» e il Big Bang fu. Dio vide che il Big Bang era cosa buona. Quindici miliardi di anni fa. Passò qualche tempo, fin quando, cinque milioni di anni or sono, uno scimpanzé fu così coraggioso da alzarsi in piedi, avventurandosi in una nuova dimensione. Il nostro progenitore dovette quindi sviluppare il cervello, per poter usare le mani, ora libere, divenute strumenti di precisione a nostra disposizione. Due milioni e mezzo di anni fa, milioni di ominidi maneggiavano temperini, non svizzeri ma africani, per procurarsi il cibo (con successo) e cercare di difendersi dai grandi felini (senza successo).
Trecentomila anni or sono, l’homo sapiens aveva ormai un cervello molto più sviluppato di prima. Duecentomila anni fa la laringe si spostò verso il basso e l’uomo abbandonò i versi e cominciò a parlare. Settantamila anni fa ecco le prime incisioni rupestri nelle quali gli uomini di Neanderthal raccontano ai posteri la propria vita. Diciassettemila anni or sono questi pittogrammi diventano, nelle grotte di Lascaux, dei meravigliosi affreschi.
Dopo la parola, s’avvicina anche la scrittura che arriva verso l’anno 3000 prima dell’era corrente. È in quel periodo che un uomo buono come Noè fu scelto da Dio per salvare l’umanità che si era corrotta. Un po’ più di mille anni dopo, nel 1850 a.C. circa, fu Abramo, uomo intelligente e giusto che aveva intuito il monoteismo, a essere chiamato dal Signore che fece di lui il primo degli ebrei, il popolo del Libro. Mancano seicento anni all’episodio chiave, la consegna a Mosè da parte di Dio, sul monte Sinai, delle tavole della legge, i dieci comandamenti inderogabili. Siamo già nella Bibbia, libro sacro per ebrei, cristiani e musulmani dove si racconta come il Creatore fece luce e la divise dalle tenebre. E fu sera, e fu mattina, il primo giorno. Era il 6 ottobre 3760 prima dell’era volgare, nel mese ebraico di Tishrì.

