La grande mostra dedicata al pittore bolognese Giorgio Morandi 1890-1964, che squaderna più di cento dipinti, circa trenta incisioni - talora affiancate dalle matrici di rame - e una nutrita selezione di disegni e di acquerelli, rappresenta un’eccezionale opportunità di vedere capolavori in molti casi difficilmente accessibili, ma soprattutto di entrare in contatto diretto con le opere dell’artista e di ripercorrerne il cammino.
Nonostante le novità e l’autonomia della sua pittura, il legame profondo dell’artista con la tradizione è testimoniato dal suo modo di lavorare quasi da antica bottega per quella sua attenzione a tutti gli aspetti costitutivi di un’opera d’arte: il “motivo”, le tele, i telai, i colori. Alcune lettere dei suoi anni giovanili documentano la sua meticolosa ricerca per i colori che spesso macinava personalmente per poi diluirli con il solvente apposito. Il 14 ottobre 1919 Morandi riferisce a Carlo Carrà di avere trovato «in una mesticheria gli ultimi pezzi di una bella terra rossa che veniva levata una volta nei dintorni di Assisi e che da molto tempo non si trova più. Mescolata al bianco dà un rosa molto bello come si vede negli affreschi antichi. Se come faccio io Lei si macina i colori me lo dica che gliene manderò alcuni pezzi».
