Mentre a Parigi il realismo di Courbet accoglieva il nudo più esplicito nell’empireo dell’arte - per quanto talvolta ancora in una dimensione di committenza privata, come nel caso dell’Origine del mondo (1866) realizzato per l’ambasciatore turco-egiziano Khalil-Bey (1831-1879) -, nel resto d’Europa il pudore era ancora fortemente radicato. Gli artisti potevano proporre immagini erotiche solo se sdoganate dal filtro della mitologia o del sacro, secondo un processo ben noto nei secoli precedenti. Anche nella potente quanto religiosa Germania, la società è impegnata a dare di sé un’immagine d’inappuntabile rigore, specchio di una borghesia mite e cortese, la stessa che Carl Spitzweg (1808-1885) ritrae in numerose tele con dovizia di particolari ma anche con sottile ironia. Spitzweg del resto conosce bene il mondo che descrive, è il figlio di un mercante che lo indirizza a studi farmaceutici, immaginando per lui un futuro del tutto simile a quello che Carl canzona dalle colonne del “Fliegende Blätter”. A partire dal 1844 infatti l’artista collabora con la rivista satirica tedesca, tarata sul modello delle testate parigine “Caricature” o “Le Charivari”. È proprio a Parigi, nel 1851, che il linguaggio pittorico di Spitzweg evolve nel contatto diretto con i protagonisti della scuola di Barbizon. Mette a punto una pittura fedele ai passaggi tonali del vero che gli consente di creare immagini dalla straordinaria vividezza luministica.
Spitzweg visita sovente l’Italia: nel 1830 si era limitato al Nord - Trieste, Udine e Venezia - e due anni più tardi, nel 1832, si era spinto sino a Napoli, toccando Bologna, Firenze e Roma e rientrando per Trento e Bressanone, dove ebbe modo di fissare nella memoria quei paesaggi boschivi e anfratti rocciosi che fanno da quinta fiabesca a solitarie fanciulle al bagno. Il soggetto, che ha una certa ricorrenza nella produzione spitzweghiana, viene ampiamente accettato dalla società coeva perché calato in una dimensione arcadica che ne stempera il lato erotico. Il nudo è incarnato da una ninfa impegnata in giochi ingenui, spiata da inopportuni osservatori o dallo spettatore stesso.
Ninfa al bagno ha la vivacità luministica tipica dei dipinti di Spitzweg che esaltano il romanticismo del paesaggio selvaggio e “grottesco”, quasi palpabile nella sua umidità.
Compositivamente ogni elemento del dipinto, inclusa la deliziosa natura morta con gli abiti abbandonati sul viottolo verso lo specchio d’acqua, è finalizzato alla creazione di una cornice per il nudo femminile di spalle in cui il senso voyeuristico è accentuato dalla figura che sta in piedi su uno scoglio a pelo d’acqua. Sono immagini accattivanti, pensate per un pubblico che ne avrebbe apprezzato la vena erotica, senza sentire intaccata la propria integrità morale. Spitzweg si stabilisce a Monaco di Baviera, condividendo le proprie convinzioni sull’arte con un gruppo di giovani artisti che, a dispetto delle regole imposte dall’accademia, amano sperimentare l’esperienza diretta del paesaggio e affinare la tecnica sull’attento studio della lezione antica, in particolare di quella fiamminga.

