La pagina nera


ma quella villa reale
se la passa ancora male

È tutto oro quel che luccica nella reggia di Monza dopo il restauro di buona parte dell’edifcio?
Non proprio. Diversi i punti oscuri e dolenti: dai fnanziamenti dei lavori all’improvvisa chiusura di alcuni ambienti senza sconti per i visititatori. Anzi il biglietto continua a costare molto caro. Per giunta i pregiati pavimenti lignei di Maggiolini, privi di protezione, vengono barbaramente calpestati.

di Fabio Isman

È stata finalmente restaurata, almeno in buona parte. Sono tornati i visitatori. Ospita anche un museo-archivio del design italiano (Triennale Design Museum), che sarà sede di rappresentanza per l’Expo 2015: il luogo di una tra le sue mostre (Il fascino e il mito dell’Italia dal Rinascimento al Novecento, dal 22 aprile al 6 settembre). Ha cambiato il nome, e da Villa reale è diventata la reggia di Monza. Però, nel capolavoro del 1777 di Giuseppe Piermarini (allievo di Luigi Vanvitelli e autore, per esempio, della Scala) - dimenticato a lungo perché il 29 luglio 1900 vi morì, ucciso, re Umberto I - la situazione non va ancora troppo per il meglio. Se la “Versailles italiana”, o “Schönbrunn della Brianza”, settecento stanze, a Ferdinando d’Austria, penultimo figlio dell’imperatrice Maria Teresa, costò settemila zecchini d’oro, restaurarne solo il corpo centrale ha richiesto ventiquattro milioni di euro. Un centinaio di persone hanno lavorato due anni su diecimila metri quadrati, ripristinato oltre quaranta stanze, tremilacinquecento metri quadrati di superficie e duemila di parquet, ottocento metri di carta da parati e calpestii lapidei, allestito milleduecento metri di impianti nei piani terra e nei due nobili, e nell’ultimo, il cosiddetto Belvedere. Restaurati, ovviamente, pure la facciata e il lussuoso scalone interno(1)

Per carità: un’operazione assolutamente commendevole; e anzi, attesa da tempi ormai immemorabili. Infatti, tanta bellezza aveva perfino rischiato di essere distrutta. Napoleone arriva a Milano nel 1796, e per 180mila lire un tale acquista il complesso dalla Repubblica cisalpina: ma gli interessavano soltanto il terreno e i diritti d’acqua. Operazione bloccata dal ricorso di un privato al Congresso di Stato, e, dopo indicibili proteste, l’edificio diventa proprietà nazionale. Però, le ali del complesso sono un acquartieramento per i soldati francesi; come porzioni della villa saranno di nuovo caserme, nel primo conflitto mondiale; mentre, dopo l’8 settembre 1943, la Gestapo vi pone il comando delle SS naziste. Tramonta l’epoca d’oro: gli anni degli austriaci, e quelli di Umberto I, che amava assai il luogo. A causa del regicidio avvenuto nel 1900 a un passo da qui, dove il sovrano esalò l’estremo respiro, due giorni dopo, reggia «chiusa a qualunque estraneo per ordine di S.M. il Re», eccetto che «per cura di pulizia, a due persone di fiducia del conservatore»; e quindi, ceduta ai Comuni di Milano e Monza nel 1919. Così inizia oltre un secolo buio, che più buio non si può. Durato fino al settembre scorso: quando, dopo i restauri nell’appartamento che fu di Umberto I e della regina Margherita, al pianterreno, anche il corpo centrale ha riaperto (diciamolo sottovoce: fa capo ai Beni culturali anche la vicina Cappella espiatoria - singolare stele in pietra proveniente da un’antica cava di epoca romana in Algeria, con due croci in alabastro alte trentacinque metri e ogni anno illuminate dall’interno nella notte del 29 luglio -, eretta sul luogo dove l’anarchico Gaetano Bresci uccise Umberto I, pieno di corone metalliche liberty in sua memoria. Un monumento progettato da Giuseppe Sacconi, autore del Vittoriano a Roma, ma concluso da altri dopo la sua morte - in particolare da Guido Cirilli -, e completato con una cancellata in ferro di Alessandro Mazzucotelli. Un dipendente statale lo tiene aperto, s’intende gratuitamente; nel 2013 è stato visitato da 2.184 persone; sarebbe davvero più opportuno trasferirlo al Comune).


Lo scalone interno della reggia di Monza dopo il restauro.


La facciata della reggia di Monza dopo il restauro;