Grandi mostre. 4
I bronzi ellenistici a Firenze

potere
e pathos

Una mostra fiorentina porta all’attenzione del pubblico la grande statuaria bronzea del periodo ellenistico (IV-I secolo a.C). Un’occasione irripetibile per confrontare alcuni capolavori abitualmente isolati in contesti molto distanti fra loro, e anche per una riflessione sulle proprietà del bronzo come materiale scultoreo e sugli straordinari risultati raggiunti dagli scultori antichi.

Jens M. Daehner e Kenneth Lapatin

Durante l’età ellenistica - dalla morte di Alessandro Magno nel 323 a.C. alla fondazione dell’impero romano nel 31 a.C. - l’uso del bronzo portò una ventata di sperimentazione e innovazione artistica in Grecia e in tutto il Mediterraneo. Gli scultori abbandonarono il canone classico, sostituendo le forme idealizzate con rese realistiche di stati fisici ed emotivi. Superiore al marmo per resistenza alla rottura, riflettività e capacità di riprodurre i più piccoli dettagli, il bronzo si adattava a composizioni dinamiche, sensazionali rappresentazioni di nudo ed espressioni grafiche di età e carattere. Ottenute da leghe di rame, stagno, piombo e altri elementi, le statue bronzee furono prodotte a migliaia in tutto il mondo ellenistico. Si concentravano in spazi pubblici e luoghi aperti: ritratti onorifici di regnanti e cittadini popolavano le piazze delle città, mentre immagini di dei, eroi e umani affollavano i santuari. Sono pochi, tuttavia, i bronzi conservati, che i musei generalmente espongono come capolavori isolati.


Atleta con strigile (Apoxyomenos di Efeso) (1-50 d.C.), particolare, Vienna, Kunsthistorisches Museum, Antikensammlung.