quando viene svelato sul sito dell’artista, per l’eccitazione dei suoi trentamila visitatori. Più che gli stencil e i dipinti modificati, a catturare la curiosità degli spettatori è la presenza in mostra di un’elefantessa indiana di trentotto anni, Tai, dipinta con un motivo damascato che ricorre ossessivamente anche sulle pareti delle sale. Il riferimento è all’espressione inglese “The elephant in the room”, ovvero un grosso problema su cui tutti sorvolano per imbarazzo. E quel problema, dichiara esplicitamente Banksy in un cartoncino consegnato all’ingresso nel corso dell’inaugurazione, sono le persone che non hanno accesso all’acqua potabile e che vivono sotto la soglia di povertà. Tra i visitatori di questa mostra estemporanea troviamo pure Jude Law, Keanu Reeves, Brad Pitt e Angelina Jolie, che in quell’occasione spese duecentomila sterline per tre opere; non l’unica occasione in cui star del jet set hanno fatto follie per portarsi a casa un Banksy, se si pensa che due anni dopo George Michael offre all’artista due milioni di sterline per un intervento artistico nella propria dimora inglese.
Alle occasioni mondane, sempre disertate, Banksy predilige tuttavia il brivido inappagabile dell’azione in strada. Non solo nel cuore della notte: in occasione del soggiorno californiano per Barely Legal, Banksy compie un’incursione a Disneyland, ove eludendo la sorveglianza riesce a entrare nell’area recintata dove passano le montagne russe. Qui colloca un pupazzo vestito con l’inconfondibile abito arancione dei detenuti di Guantanamo, la testa avvolta da un sacco nero e le mani ammanettate. Fantocci che riproducono le fattezze umane sono utilizzati anche da altri street artists, su tutti Mark Jenkins; tuttavia in Banksy tali espedienti cercano sempre di creare un cortocircuito con accenti di critica sociale: in questo caso, nel cuore del più famoso parco-divertimenti degli Stati Uniti, l’artista impone con irruenza una riflessione sulla tortura nel campo di prigionia americano a Cuba, tema affrontato anche in altre opere.
Sempre nel 2006 Banksy compie un’altra delle sue memorabili imprese, questa volta ironizzando sull’inconsistenza di un personaggio mediatico - l’ereditiera Paris Hilton - che in quell’anno pubblica il suo primo (e unico) album, Paris. In modo rocambolesco Banksy produce cinquecento false copie del cd, riuscendo poi a farle entrare in commercio in quarantadue negozi inglesi di musica, un’azione che ricorda quella intrapresa in Italia nel 1977 dal situazionista Franco Ghisleni, quando mise in circolazione un falso testo di Berlinguer, Lettere agli eretici, graficamente presentato come fosse un volume della collana “Nuovo Politecnico” di Einaudi. Banksy remixa l’audio e soprattutto il booklet del cd, che presenta ritagli di giornale in stile punk con scritte del tipo «Every time someone asks me how I am I hesitate for a little bit too long».