L’ANONIMATO E L’ARTEDEL “CULTURE JAMMING”

Banksy impersona per molti versi il Robin Hood della Street Art e, in generale, dell’arte contemporanea.

Figura reale ma al contempo leggendaria, come il paladino della foresta di Sherwood Banksy è un eroe popolare che vendica a modo suo le ingiustizie del potere, deridendolo, rovesciandolo, facendosi beffe delle sue manie di controllo. Con le sue opere difende spesso gli oppressi dagli oppressori, schierandosi al fianco della martoriata popolazione di Gaza così come dei rifugiati siriani che approdano sulle coste europee. 

Le sue affilate frecce sono un cocktail esplosivo di creatività, immaginazione, conoscenza delle tattiche della comunicazione “mainstream”, il tutto mescolato a un abile utilizzo delle tecniche della Street Art, su tutte lo stencil. L’ANONIMATO E L’ARTE DEL “CULTURE JAMMING” Nella pagina a fianco: ritratto di Banksy in Exit Through the Gift Shop (2010). In alto: Napalm (Can’t Beat That Feeling) (2004). 

Vi è poi una questione niente affatto secondaria che apparenta Banksy al bandito inglese, quella della sua identità. Scorrendo l’ampia bibliografia sull’artista la questione è sempre presente e sono state fatte varie indagini al riguardo: se c’è chi ipotizza un’entità collettiva, i nomi più ricorrenti circa le sue generalità sono quelli di Robert Del Naja (anche noto come 3D, frontman dei Massive Attack) e di Robin Gunningham, quest’ultimo emerso a seguito di un’inchiesta del “Mail on Sunday” del 2008, poi confermata anche da alcuni studiosi della londinese Queen Mary University che si sono avvalsi di tecniche di tracciamento utilizzate in criminologia. Rispetto al problema dell’anonimato, l’entourage dell’artista inglese si è sempre chiuso nel più stretto riserbo, talvolta giocando sul mistero che avvolge l’identità di Banksy: nel 2019 per esempio Steve Lazarides, amico e agente nei primi anni di attività dell’artista, ha pubblicato il libro fotografico Banksy Captured, oggi già rarità bibliografica, contenente decine di scatti che ritraggono il nostro all’opera, ma sempre con il volto oscurato. 

L’anonimato per chi opera nel Graffiti Writing e nella Street Art non è certo una novità: buona parte dei protagonisti utilizza un “nom de plume”, specialmente quando più che dai galleristi si è ricercati dalle forze dell’ordine.


Ritratto di Banksy in Exit Through the Gift Shop (2010).


Napalm (Can’t Beat That Feeling) (2004).