È il caso, rimanendo alle opere della mostra del 1925, dei Pescatori che riparano le reti di Georg Schrimpf, del Don Domenico e del Don Pepe dello stesso Mense, delle Due donne in un paesaggio italiano di Fritz Burmann o del ritratto di un giovanotto azzimato con un paesaggio mediterraneo sullo sfondo dipinto da Benjamin Godron, che aveva soggiornato a lungo in Spagna e in Sicilia.
La pittura degli artisti citati, riconducibili alla linea classicista della Nuova oggettività, mostra chiari elementi di vicinanza con lo stile degli
italiani che facevano capo alla rivista “Valori Plastici”, pubblicata a Roma tra 1918 e 1921, e con la Metafisica, nella quale si poteva riconoscere un
nuovo rinascimento dell’arte italiana. Lo affermava nel 1920 lo scrittore d’arte viennese Leopold Zahn nel quarto numero della rivista “Der Ararat”
commentando le composizioni di de Chirico: «Un mondo stranamente silenzioso - quasi inquietante - emerge davanti a noi. Realtà chiaramente determinate
acquistano un aspetto serio, quasi minaccioso. […] L’uomo come organismo vitale è escluso da questo mondo cristallino. Vi ha diritto di accesso solo in
quanto manichino, strumento per dimostrare la meccanica del corpo umano». Tale modello era portato all’attenzione tedesca anche da Theodor Däubler che,
scrivendo nello stesso anno della nuova arte italiana nella rivista “Der Cicerone”, osservava come «la città dove fioriscono le arti» fosse diventata
Roma. Originario di Trieste, Däubler sarebbe stato tra i collaboratori della mostra La giovane Italia tenutasi a Berlino e Hannover nel 1921.