Uno è di Thomas Theodor Heine, geniale e cinico disegnatore della rivista satirica monacense “Simplicissimus”, che quando la tendenza è emersa sulla scena artistica tedesca ha immaginato, facendone proprio lo stile, un architetto in preda al demone della Sachlichkeit portare alle estreme conseguenze tutto quanto il modernismo aveva insegnato sull’inutilità dell’ornamento. Nel suo nuovo concetto di architettura e di mondo, ogni cosa doveva essere rettilinea, funzionale, razionale, senza alcun inutile orpello: così, non contento di aver eliminato dalle forme di casa sua ogni elemento di vana decorazione, di deviazione dal geometrico puro, eccolo in azione su familiari e domestici, replicando la furia del terribile “sartore” dello Struwwelpeter, il nostro Pierino Porcospino, nel tagliare con il piacere dell’implacabile purificatore visionario la parte più barocca, talvolta addirittura e inutilmente rococò, del nostro corpo, con tutti i suoi anfratti, rotondità e ridicole circonvoluzioni. «Nella lotta coerente contro l’ornamento, un architetto moderno ha tagliato le orecchie a se stesso e a tutta la sua famiglia», recita il sottotitolo del disegno.
Intorno al corpo ruota anche il secondo disegno, che mette a fuoco aspetti altrettanto centrali della tendenza. È intitolato L’invenzione della Nuova oggettività, ovvero carne e ferro e ne è autore Franz Danksin, che con uno stile, all’opposto, analiticamente ridondante e grottescamente realistico, monta un bizzarro teatrino dove le pulsioni profonde della carne, rappresentate da un intrico di scene erotiche sado-maso, si trovano a fare i conti con inedite meccanizzazioni umane, entro un nuovo universo dove le macchine - il “ferro” - trasmettono a tutti e a tutto i loro caratteri, anche formali, le loro durezze e il loro ritmo.