C'è chi alle critiche si piega, faticando a rialzarsi. Ma c’è chi continua a camminare indisturbato a testa alta, proseguendo nella propria chiara traiettoria. Alla seconda categoria appartiene certamente Yoko Ono, l’artista di origine giapponese celeberrima non solo come seconda moglie ma come ispiratrice e compagna artistica di John Lennon.
Ancora una volta tra le chiacchiere e le polemiche, il MoMA di New York la celebra in una mostra monografica curata da Christophe Cherix e Klaus
Biensenbach (pesantemente attaccato dalle penne più caustiche già per la scorsa mostra della popstar Bjork): Yoko Ono: One Woman Show, 1960-1971,
un’esposizione che riflette sull’opera e la poetica della Ono, e che si concentra sulla decade decisiva della sua carriera culminando nella sua
performance del 1971, quando l’artista pubblicizzò una sua presunta mostra personale al museo newyorkese sotto il titolo
The Museum of Modern FArt e accolse i visitatori con un cartello all’ingresso che chiedeva loro di ritrovare le mosche che lei aveva disperso
nelle sale della galleria.
Proveniente da una sofisticata famiglia dell’aristocrazia giapponese, educata nelle migliori scuole e cresciuta - secondo l’etichetta - imparando la
musica e l’arte, Yoko Ono non si è mai lasciata apparentemente disturbare dalle stroncature che la critica ha ripetutamente scagliato contro il suo
scarso talento artistico.
