La pagina nera

e lo stato malanDato
si Dimentica il privato

Tesori dispersi, mancanza di risorse, difficoltà di recupero e tutela del nostro patrimonio; a volte, donazioni nascoste. La lista è lunga. In questo numero parliamo dell’armeria Odescalchi e del Museo Bilotti, romani, per i quali la sola mano pubblica non riesce a far fronte a situazioni spesso segnate da gravi emergenze.

di Fabio Isman

Da decenni si discute di come integrare il privato nel salvataggio, nel restauro, nella manutenzione, nella valorizzazione e nella gestione del patrimonio artistico e storico. Lo Stato e gli enti locali da soli non ce la fanno, lo si è abbondantemente visto. Ma poi, quando un privato capita all’orizzonte, armato di tanta buona volontà e perfino disposto a qualche ingente donazione, non sempre viene trattato “comme il faut”; anzi, spesso, Stato e Comuni si dimenticano degli impegni assunti, nascondono i reperti ricevuti, non li valorizzano come invece avevano sottoscritto di fare, li mettono in un magazzino. Magari anche perché gli mancano gli uomini e le risorse per poter provvedere. Cominciamo da un paio di casi, abbastanza eclatanti; di altri parleremo in un prossimo futuro. Partiamo da due “buchi neri” romani: l’armeria già del principe Odescalchi e uno dei musei che, a Villa Borghese, appartiene al Comune di Roma. Quest’ultimo è intitolato al collezionista Carlo Bilotti, che nel momento della sua costituzione, una decina d’anni fa, ha donato al museo opere di Giorgio de Chirico, Gino Severini, Andy Warhol e Larry Rivers, e una scultura di Giacomo Manzù.