Grandi mostre. 3
Arte lombarda dai Visconti agli Sforza a Milano

un «bagno
di ori»

Dal Trecento al Cinquecento Milano è la culla di un’arte ricca, composita e preziosa, con tratti che potremmo definire non solo tipicamente lombardi ma europei. Un linguaggio dinamico che risponde al gusto internazionale delle corti dell’epoca e che supera i confini territoriali. Come testimonia l’esposizione in corso a Palazzo reale.

Maurizia Tazartes

Nell’aprile del 1958 si apriva a Palazzo reale di Milano una grande mostra dal titolo Arte lombarda dai Visconti agli Sforza, curata da Gian Alberto Dell’Acqua e Roberto Longhi. Era la prima grande ricognizione sull’arte fiorita in Lombardia dal Trecento al Cinquecento, che seguiva quella di Zurigo di dieci anni precedente sui Tesori dell’arte di Lombardia. Una mostra pionieristica, frutto di un lavoro di ricerca, valorizzazione e restauro del patrimonio artistico a opera di personalità come Fernanda Wittgens, Franco Russoli e altri.

Tornando al progetto espositivo del 1958, interessa sottolineare quanto esso risulti ancora oggi fondamentale per gli studi nel settore, in quanto cercava di individuare un carattere “lombardo” nelle diverse manifestazioni artistiche di quella terra. Una terra fertile e dotata, ma che non aveva avuto un Giorgio Vasari come la Toscana e rischiava di dimenticare i suoi “valori”, come sottolineava nell’introduzione al catalogo Longhi, che comunque si era avvalso del ricco patrimonio di memorie e scritti dal Settecento al Novecento, come il prezioso volume del 1912 di Pietro Toesca Pittura e miniatura nella Lombardia.

Oggi, a distanza di oltre mezzo secolo e in occasione dell’Expo milanese, la mostra di allora, o perlomeno il suo titolo, vengono riproposti in una nuova, ricca e complessa rassegna nello stesso Palazzo reale.

Una manifestazione importante, che ricostruisce il volto dell’arte lombarda dopo decenni di studi, restauri, scoperte, datazioni e attribuzioni, e che si imporrà come una nuova pietra miliare per le ricerche sulla storia dell’arte non solo lombarda, ma anche italiana ed europea. Infatti, la prima differenza rispetto alla mostra precedente, sostengono i curatori Mauro Natale e Serena Romano, è che il concetto di “lombardo” è stato superato da quello di “europeo”.