il desco da parto

N

ell’incertezza del catalogo delle opere di Masaccio, ve ne sono alcune meno commentate nei testi di larga divulgazione, che tuttavia hanno un’importanza capitale nel percorso critico della pittura del grande maestro. Fra queste, spicca il desco da parto conservato a Berlino, del diametro di 56,5 cm, dipinto sul recto con la Natività, come consuetudine delle tavole circolari destinate a recar cibo alla puerpera, mentre il verso, opera di un collaboratore, reca un putto con un cagnolino che forse allude all’emblema dell’ignota famiglia del committente. Sul recto la scenografia dell’evento è spartita in modo asimmetrico in tre sezioni: la parte meno ampia, a sinistra, mostra due musici fra le colonne con le chiarine imbandierate col giglio di Firenze (solo un trombettiere sta suonando, mentre l’altro tiene la chiarina appoggiata alla spalla, con lo stendardo ammainato, in una splendida soluzione di scorcio). Una leggera brezza sembra far ondeggiare i nastri bianchi e rossi di corda intrecciata che pendono da uno stendardo. La presenza dei musici dei Gonfalonieri della Signoria segnala che la famiglia del neonato è di alto lignaggio, o di prestigio politico e grandi facoltà economiche, o tutte e tre le cose assieme. Fra le colonne del chiostro sbucano due servitori, l’uno con un desco da parto (quadro nel quadro), l’altro, appena visibile, con una cestina. Del chiostro s’intravede una porzione del giardinetto centrale, e le volte celesti del porticato brunelleschiano con colonne corinzie, decorato con le tarsie geometriche a marmi bianchi e neri tipici dell’architettura romanica classicheggiante fiorentina (soprattutto il San Miniato al Monte o la Badia fiesolana), presenti anche sul fronte dell’edificio aperto su un altro giardino. La parte centrale inquadra due suore e alcune dame che s’affrettano verso la stanza adiacente al porticato, dove la puerpera ha dato alla luce Gesù. Sul pavimento di cotto s’immagina sentir risuonare il lieve ma veloce passo della badessa, quasi disturbata dalla presenza di tanto fragore in un luogo abituato alla contemplazione e al silenzio. Con un’occhiataccia guarda i musici, e con gesto veloce regge le cocche del manto che le copre la testa, quasi a volerselo fermare attorno alla tunica. Pare lei la protagonista dell’evento, l’unica forse ritratta dal vero (lo sguardo severo, la bocca e il naso solcati dalle rughe laterali di un volto maturo, pur nelle ridotte dimensioni, rimandano al volto della sant’Anna nella pala degli Uffizi). La suorina dietro di lei, timorosa, par soggiogata dalla superiora. Assai meno indagate le figure che animano in modo convenzionale la scena della Natività. Suggestiva è l’ipotesi di Spike che questo mirabile dipinto, databile fra il 1426 e il 1427, tanto simile al Banchetto di Erode di Donatello nel battistero di Siena, debba proprio a Donatello una qualche influenza. Che i contatti fra i due fossero continui, in quegli anni, lo conferma il fatto che il 26 luglio del 1426 Donatello riscuoteva a Pisa del denaro per Masaccio. Invece, il verso con il putto, derivato da una scultura romana del tipo della Venere accovacciata, forse si deve ad Andrea di Giusto, che con Masaccio lavorò al Polittico di Pisa di Santa Maria del Carmine, o allo stesso Scheggia.Restano ancora, come sempre nel caso di Masaccio, proposte non definitive.


Desco da parto con la Natività di Cristo (1426-1427); Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie.