All'epoca l’architetto fiorentino aveva cinquantun anni; il giovane pittore non fece a tempo a compierne ventisette, se è giusta l’ipotesi che sia mancato improvvisamente, sul principio di quell’estate, e per cause ignote (l’aneddotica dice per veleno). Come riferisce il libro del mercante Antonio Billi agli inizi del Cinquecento, Brunelleschi aveva frequentato a Firenze l’artista venuto dal Valdarno, nei pochi anni della sua folgorante e troppo breve attività. Doveva essersi accorto di quel suo «ingegno perspicace», e per questo gli avrebbe insegnato «molte cose dell’arte». Dichiarazione, questa, che ben si addice all’evidente padronanza di Masaccio nell’adottare le nuove regole prospettiche indagate da Filippo fra il 1415 e il 1420. L’applicazione corretta della “perspectiva artificialis” o prospettiva lineare, genialmente sperimentata dall’architetto fiorentino, esperto di ottica, arte e scienza, nelle famose tavolette prospettiche del battistero e di piazza Signoria, avrebbe permesso di ricostruire in pittura uno spazio esatto, razionale in cui far rivivere i personaggi e le “historie”. In modo più o meno evidente lo si riscontra in tutte le opere masaccesche, in particolare negli affreschi della cappella Brancacci, dove le figure appaiono saldamente situate in uno spazio realistico e umanizzato, e soprattutto nella complessa struttura della Trinità di Santa Maria Novella.

