La pagina nera


archeologIa, la nuova mossa:
È così che sI scava la fossa

La riforma del ministro Franceschini sembra contenere norme, forse, confortanti insieme ad altre che non lo sono affatto. Duro, per esempio, il colpo inferto ai beni archeologici gravati da una pesante burocrazia e per i quali le attività di conservazione, ricerca e conoscenza perdono, con il nuovo assetto istituzionale, la loro già precaria unità. Il caso delle “auto grigie”.

di Fabio Isman

Il Ministero dei beni culturali è alle prese, per l’ennesima volta, con le miriadi di complicazioni che una riforma comporta. Da quasi trent’anni, nessun responsabile del dicastero ha mancato di promulgare la propria; ma quella di Dario Franceschini è certamente più estesa e radicale di tutte le precedenti. E come sempre, ogni riforma comprende dei provvedimenti positivi, tra altri che lo sono, invece, assai meno. Per esempio, si è deciso di accorpare nella nuova direzione generale dei musei tutti quelli statali in cui esista una tassa d’ingresso; dalla direzione, dipendono i “poli” regionali. La decisione mette certamente ordine, razionalizza. Ma spesso, separa le aree archeologiche, a fruizione libera, anche se contigue: queste dipendono dalle soprintendenze, i musei dalla nuova direzione generale e dal polo regionale. Così, il museo di Aquileia dipende dal polo; gli scavi, però, dalla Soprintendenza; e lo stesso accade in Etruria. Quindi, se un archeologo rinverrà qualcosa, dovrà trasmetterlo a una diversa direzione, non a quella da cui dipende. Il remotissimo legame tra i musei archeologici, che sono sempre stati anche la destinazione degli scavi sul territorio e ora fanno parte dei “poli”, e le soprintendenze, va a farsi benedire; analoga sorte tocca all’unitarietà del sapere: non è più lo stesso ente che, di un sito, tutela, studia e valorizza le antichità. Ai poli regionali i musei passeranno, ovviamente, con i loro depositi. In gran parte, composti di materiali non inventariati, al massimo, soltanto elencati: «Cassetta 27, contiene 354 reperti dal tal scavo». Sovente, sono frammenti. Non si può certamente pensare di inventariarli uno a uno. In Italia, si compiono almeno un migliaio di prospezioni ogni anno. Per otto decimi non sono programmate, bensì sono condotte d’urgenza: avvengono in occasione di nuovi edifici, od opere pubbliche. Un tempo soltanto i maggiori ritrovamenti venivano preservati: oggi si accantona tutto, non si sa mai. E il nostro è il paese del “gratta e vinci”: se scortichi il terreno, trovi qualcosa. Di maggiore, o minor conto, non importa: finisce sempre nei depositi. Chi studia un determinato scavo, infatti, dovrebbe poterne sempre ritrovare tutti i proventi.


la testimonianza di una “coenatio” estiva, una sala di centotrenta metri quadrati, parte di una villa romana (in uso dal IV al VI secolo), rinvenuta nel sito di Faragola, nel comune di Ascoli Satriano (Foggia). Gli scavi sono stati condotti da Giuliano Volpe e dai suoi studenti a partire dal 2003. Il luogo è aperto al pubblico dal 2009.


la testimonianza di una “coenatio” estiva, una sala di centotrenta metri quadrati, parte di una villa romana (in uso dal IV al VI secolo), rinvenuta nel sito di Faragola, nel comune di Ascoli Satriano (Foggia). Gli scavi sono stati condotti da Giuliano Volpe e dai suoi studenti a partire dal 2003. Il luogo è aperto al pubblico dal 2009.