Il Ministero dei beni culturali è alle prese, per l’ennesima volta, con le miriadi di complicazioni che una riforma comporta. Da quasi trent’anni, nessun responsabile del dicastero ha mancato di promulgare la propria; ma quella di Dario Franceschini è certamente più estesa e radicale di tutte le precedenti. E come sempre, ogni riforma comprende dei provvedimenti positivi, tra altri che lo sono, invece, assai meno. Per esempio, si è deciso di accorpare nella nuova direzione generale dei musei tutti quelli statali in cui esista una tassa d’ingresso; dalla direzione, dipendono i “poli” regionali. La decisione mette certamente ordine, razionalizza. Ma spesso, separa le aree archeologiche, a fruizione libera, anche se contigue: queste dipendono dalle soprintendenze, i musei dalla nuova direzione generale e dal polo regionale. Così, il museo di Aquileia dipende dal polo; gli scavi, però, dalla Soprintendenza; e lo stesso accade in Etruria. Quindi, se un archeologo rinverrà qualcosa, dovrà trasmetterlo a una diversa direzione, non a quella da cui dipende. Il remotissimo legame tra i musei archeologici, che sono sempre stati anche la destinazione degli scavi sul territorio e ora fanno parte dei “poli”, e le soprintendenze, va a farsi benedire; analoga sorte tocca all’unitarietà del sapere: non è più lo stesso ente che, di un sito, tutela, studia e valorizza le antichità. Ai poli regionali i musei passeranno, ovviamente, con i loro depositi. In gran parte, composti di materiali non inventariati, al massimo, soltanto elencati: «Cassetta 27, contiene 354 reperti dal tal scavo». Sovente, sono frammenti. Non si può certamente pensare di inventariarli uno a uno. In Italia, si compiono almeno un migliaio di prospezioni ogni anno. Per otto decimi non sono programmate, bensì sono condotte d’urgenza: avvengono in occasione di nuovi edifici, od opere pubbliche. Un tempo soltanto i maggiori ritrovamenti venivano preservati: oggi si accantona tutto, non si sa mai. E il nostro è il paese del “gratta e vinci”: se scortichi il terreno, trovi qualcosa. Di maggiore, o minor conto, non importa: finisce sempre nei depositi. Chi studia un determinato scavo, infatti, dovrebbe poterne sempre ritrovare tutti i proventi.

