astrattismi

«Esiste un genere d’emozione che è proprio della pittura e nulla in letteratura può darne l’idea: un’impressione che risulta da una certa disposizione di colori, di luci, d’ombre, ecc., e che si potrebbe chiamare la musica del quadro.

quando si entra in una cattedrale e ci si trova ad una distanza troppo grande da un quadro per sapere che cosa esso rappresenta, si è presi da questo accordo magico, potere che talvolta le linee possiedono da sole grazie alla loro grandiosità». Questa nota apparsa intorno al 1855 nel Journal di Delacroix, ripresa, tra gli altri, da Gauguin, potrebbe appartenere a un pittore astratto. Nel 1913 nel suo Sguardo al passato Kandinskij ricorda l’emozione provata, non a caso, all’«ora del crepuscolo»: «Vidi d’improvviso un quadro di bellezza indescrivibile, imbevuto di un ardore interno. Mi fermai colpito, poi mi avvicinai rapidamente a questo quadro misterioso su cui non vedevo altro che forme e colori e il cui contenuto mi era incomprensibile. Trovai subito la chiave del mistero: era un mio quadro appoggiato alla parete di lato. [...] Seppi ora in modo preciso che l’oggetto nuoce ai miei quadri».
Pensiamo poi al suggerimento dei poeti simbolisti e all’accento posto sull’autonomia della “parola”. Nel 1886 nella “Revue wagnérienne” Théodor Wyzewa scrive: «I poeti usarono le parole come sillabe sonore, che evocano nell’anima l’emozione, per mezzo di alleanze armoniche»; e per un’esigenza analoga, in pittura, «i colori e le linee si sono ugualmente rivestiti, per l’anima, di un valore emozionale, indipendente dagli oggetti stessi che rappresentavano ». L’idea rimbalza nello Spirituale nell’arte di Kandinskij: «Il mezzo principale di Maeterlinck è l’uso della parola. La parola è un suono interiore. Questo suono interiore deriva in parte (forse principalmente) dall’oggetto, a cui la parola funge da nome. Ma quando non si vede l’oggetto stesso bensì se ne ode solo il nome, nella mente dell’ascoltatore si forma la rappresentazione astratta, l’oggetto smaterializzato, il quale produce immediatamente una vibrazione nel “cuore”». L’idea veniva dalle “analogie” di Baudelaire, coinvolto fino all’estasi dalla musica di Wagner (Richard Wagner et Tannhàuser à Paris, Parigi 1861): un cortocircuito tra ispirazione musicale, autonomia della parola e “rappresentazione astratta”.
L’“astrattismo” non è uno degli “ismi” che si collocano nel solco delle avanguardie storiche, ma una concezione che scorre tra loro, talvolta accolta, spesso respinta, estendendosi ben presto dalla pittura e scultura alla scenografia, alla danza, alla fotografia e al cinema. Sulla terminologia e sui limiti cronologici del fenomeno che è entrato nell’uso comune con questo termine, e che come tale qui si accetta di indicare, tanti studiosi si sono affannati senza, forse, trovare il modo di chiarirlo; e l’equivoco è complicato dall’uso che gli stessi artisti fanno dell’aggettivo “astratto”, spesso connesso con una produzione circoscritta o con una tendenza filosofica o concettuale. Sul problema si ritornerà alla fine di queste pagine, dopo aver incontrato diversi approcci all’idea di un’arte in cui non si riconosce un oggetto familiare all’esperienza quotidiana e che si articola tanto in forme create senza un ordine intelligibile, quanto in forme geometriche o comunque rispondenti a un determinato codice linguistico. In questo tipo di creazione artistica il termine “astrazione” (e “astrattismo”, che ne indica l’uso sistematico) può essere usato come sinonimo di eliminazione dell’oggetto, della sua stilizzazione, del suo isolamento concettuale dal contesto naturale; o può anche, come si vedrà, non essere usato affatto.
La smaterializzazione dell’oggetto di cui parla Kandinskij, e che risuona in tutta l’area dell’astrattismo, va inquadrata in rapporto alle scoperte e alle teorie scientifiche sulla materia come condensazione dell’energia, sullo spazio-tempo, sulla geometria non-euclidea, sulla propagazione della luce, sull’origine del mondo e sull’ordine cosmico, dove viene meno la centralità dell’uomo e degli oggetti che lo circondano. L’atteggiamento degli artisti in questa rivoluzione è spesso ambivalente, oscillante tra la sfida alla ragione in difesa di una spiritualità di marca religiosa e una, spesso utopistica, volontà di adeguamento. La storia di questa lotta tra istanze opposte si intreccia ai dibattiti sui problemi formali, mentre il recupero di un’intelligenza concreta del mondo e di un nuovo ruolo dell’artista nella società sembra allontanarsi di nuovo dopo ogni illusoria conquista.
È intorno al 1912 che nascono contemporaneamente in Europa i primi dipinti consapevolmente astratti. È l’anno delle Finestre di Delaunay e di Amorpha. Fuga a due colori di Kupka, pure amato da Apollinaire. L’anno precedente Kandinskij si vede rifiutare la Composizione V, con il pretesto di un eccesso di dimensioni, dalla Nuova associazione degli artisti di Monaco, evidentemente non più tanto “nuova”; l’anno successivo è quello delle sue grandi Composizioni totalmente astratte. Il rifiuto della Composizione V porta alla formazione di un nuovo gruppo di artisti che si dà il nome Der Blaue Reiter, allusivo al significato spiritualistico del blu e della ricorrente immagine simbolica del cavaliere; con lo stesso titolo è pubblicato nel 1912 un almanacco, con saggi sull’arte attuale in Europa e riproduzioni dei primitivi, dell’arte extraeuropea, dell’arte popolare e degli alienati. Non tutti, in realtà, operano in direzione propriamente astratta: Franz Marc, il cofondatore del movimento, geometrizza armoniosamente il tema degli animali, incontaminati dal materialismo della civiltà occidentale; i numerosi artisti russi, tra cui Jawlenskij, adottano un linguaggio ricco di componenti fauve ed espressioniste e di suggestioni provenienti dalle icone; Klee, sulla cui posizione indipendente si tornerà più avanti, entra nel gruppo solo nel 1913, segnato dall’esperienza della grafica simbolista, come anche l’austriaco Kubin, e particolarmente attento alle indicazioni di Delaunay.


Maurice Denis, Macchie di sole sulla terrazza (1890); Parigi, Musée d’Orsay. La dichiarazione di Denis – pittore nabis di derivazione simbolista – per cui un quadro è essenzialmente «una superficie piana ricoperta di colori accostati secondo un certo ordine» ne ha fatto un antesignano dell’astrattismo.

Robert Delaunay, Finestre (1912); New York, MoMA - Museum of Modern Art.

František Kupka, Amorpha. Fuga a due colori (1912); Praga, Národní Galerie.