parigi era, nella prima metà del secolo scorso, un punto di incontro per molti artisti provenienti dal resto
d’Europa e dagli Stati Uniti, tra questi Joan Miró che, tra il 1921 e il 1948, partecipa a una serie di mostre stringendo amicizia con altri
pittori, tra cui Pablo Picasso e Max Ernst. Nel 1950 anche Karel Appel e Corneille, membri olandesi del gruppo CoBrA(*), stabiliscono la loro
residenza nella capitale francese e vengono raggiunti più tardi da Theo Wolvekamp, Eugène Brands e Anton Rooskens. Ma il “fil rouge” che unisce Miró
al movimento CoBrA si era già intrecciato negli anni precedenti, quando Jorn e Constant si erano incontrati nella galleria di Pierre Loeb, durante
una mostra dell’artista catalano, dando vita all’inizio teorico del gruppo che l’8 novembre del 1948, all’indomani del Congresso surrealista
parigino, pubblica ufficialmente il proprio manifesto. Il nome, concepito da Dotremont, non è solo l’acronimo di Copenaghen, Bruxelles e Amsterdam,
ma vuole fare riferimento proprio al serpente che, con il suo cambio di pelle, rappresenta una metafora del rinnovamento dell’arte europea
postbellica. Mentre le opere del giovane Joan Miró si ispirano a Van Gogh, Cézanne e Rousseau, è proprio il catalano a influenzare, insieme a
Dubuffet e Klee, i componenti del gruppo CoBrA, che lo citano come esempio della sperimentazione nell’arte moderna. E se la finezza poetica di Miró,
spesso associata al surrealismo, pare in antitesi alla spontaneità senza compromessi dei componenti di CoBrA, molti sono invece gli aspetti che li
accomunano. Secondo Miró, un artista doveva staccarsi da tutte le convenzioni artistiche e i dogmi prebellici per abbracciare un nuovo linguaggio
artistico universale; questo concetto è molto vicino alla sensibilità di CoBrA che combatteva contro la concezione intellettuale dell’arte e
privilegiava la sperimentazione con materiali diversi.
La forza della natura, l’autenticità infantile, nonché una spiccata predilezione per la
cultura popolare e non-occidentale, sono temi che poi sfociano in un comune linguaggio simbolico e arcaico. Ne è un esempio l’opera di Miró
Il fumatore, del 1924, la cui atmosfera sognante e le libere associazioni serviranno da esempio per il lavoro su carta Composizione I di Theo Wolvecamp
del 1947. Un’altra caratteristica dell’arte di Miró è l’uso di simboli pittorici: le donne, gli uccelli, le stelle e il sole sono elementi radicati
nella concezione di fertilità della terra o del cosmo. Anche da CoBrA gli uccelli vengono spesso utilizzati come metafora della libertà artistica e
creativa e come “mediatori” tra il cielo e la terra. L’importanza di Miró per gli esponenti del gruppo appare particolarmente evidente nel 1951
durante l’ultima mostra del movimento, organizzata da Pierre Alechinsky al Palais des Beaux-Arts di Liegi, dove vengono presentati anche lavori di
Alberto Giacometti e di Joan Miró, esposto nella stessa sala di Karel Appel. Questa mostra segnerà la fine del movimento CoBrA, ma la
sperimentazione sulla materia, sulla forma e sul gesto continuerà nel tempo e rappresenterà la base della futura Arte informale e
dell’espressionismo astratto in Europa e negli Stati Uniti.
Come Miró si addentra nella cultura maiorchina,
così CoBrA punta sulle proprie origini nordeuropee
«Non faccio nessuna distinzione tra pittura e poesia e tento di esprimermi con tutte le tecniche», dichiarava Miró che passava dall’incisione all’acquerello, dall’assemblaggio oggettuale alla ceramica. Un’ulteriore similitudine quindi con il gruppo CoBrA, all’interno del quale i poeti dipingevano quadri e i pittori scrivevano poesie (Lucebert ne compone una intitolata Miró nel 1949). Spesso i componenti del movimento collaboravano alla stessa opera; così faceva anche l’artista catalano lavorando insieme all’amico Josep Llorens Artigas a oggetti di ceramica, settore nel quale si cimenteranno poi anche Appel, Constant, Corneille e Rooskens prima a Tegelen, nei Paesi Bassi, e poi in Italia, ad Albisola, dove Jorn stimolava un lavoro di sperimentazione comune. Questo lavoro collettivo sarà fondamentale per il movimento e sfocerà nella produzione delle “peintures-mots” e dei murales nella campagna di Sjaelland, in Danimarca. La cultura popolare diventa uno dei punti di interesse di CoBrA: come Miró si addentra nella cultura maiorchina, il movimento punta sulle proprie origini nordeuropee riscoprendo i simboli e le tradizioni popolari. Quelle scandinave nel caso di Jorn e quelle del circo e del carnevale nel caso di Karel Appel. Quest’ultimo nella sua villa in Toscana, proprio come Miró a Maiorca, comincerà poi a raccogliere oggetti di uso comune da assemblare e rielaborare nelle proprie sculture.
A partire dagli anni Cinquanta molti artisti di CoBrA si riuniscono ad Amsterdam, nella casa dell’architetto Aldo van Eyck che nel 1949 aveva progettato la prima mostra internazionale CoBrA e nel 1956 quella su Miró, entrambe presso lo Stedelijk Museum. Oggi, il CoBrA Museum di Amstelveen, alle porte di Amsterdam, inaugura Miró & CoBrA. Un gioco sperimentale, mostra aperta fino al 31 gennaio 2016, con centoventi opere dell’artista catalano e oltre ottanta del gruppo CoBrA.
In Italia, a Codroipo (Udine), in Joan Miró a Villa Manin. Soli di notte (www.villamanin.it) sono esposte fino al 3 aprile 2016 oltre duecentocinquanta opere degli ultimi trent’anni della vita del maestro.