«Destò l’animo a
tutti quelli che
sono stati Dopo Di lui»

Dalla seconda metà degli anni Sessanta, Signorelli svolge il suo apprendistato al seguito di Piero della Francesca, realizzando diverse opere che purtroppo non sono giunte fino al nostro tempo(18).

I quadri attribuiti precedenti al 1480 lasciano aperti molti dubbi e incognite. Nella primavera del 1482, giunge a Roma assieme a Bartolomeo della Gatta, coinvolto da Perugino per completare gli ultimi affreschi della Cappella sistina. La mano del cortonese è stata riconosciuta in alcune figure di apostoli nella Consegna delle chiavi e nel gruppo di personaggi che compaiono al centro e nel lato destro del Testamento e morte di Mosè(19). Il percorso nella prima fase dell’attività si realizza nel ciclo di affreschi dipinto nella ottagonale sacrestia di San Giovanni (o della Cura) della basilica di Loreto, commissionato da Girolamo Basso della Rovere(20) (nipote di Sisto IV), che dal 1476 è vescovo di Recanati e Loreto(21). Negli otto spicchi triangolari della cupola scompartita da costoloni, Signorelli raffigura i quattro evangelisti e i quattro dottori della Chiesa, tutti seduti entro ovali di luce raggiante. Sopra ogni santo v’è una nube che sorregge un angelo musicante, come se il cielo fosse a disposizione dei fedeli, invitati a partecipare a un concerto modulato sulle armonie delle sfere celesti. Sulle pareti della sacrestia vi sono le scene dell’Incredulità di san Tommaso, della Conversione di san Paolo, e dieci apostoli, descritti con una serie di vocaboli pittorici e stilistici derivati da Bartolomeo della Gatta e dalle suggestioni tratte dalla scultura fiorentina. Eloquente è la scelta iconografica - e l’atteggiamento dei personaggi - dell’Incredulità di san Tommaso, molto vicina alla scultura dal medesimo soggetto realizzata, tra il 1466 e il 1483, da Andrea del Verrocchio per la chiesa di Orsanmichele a Firenze.


Coppia di apostoli (1480 circa); Loreto (Ancona), santuario della Santa casa.


Andrea del Verrocchio, Incredulità di san Tommaso (1466-1483); Firenze, museo di Orsanmichele.