Arte contemporanea Art Fair Outsider Cristina Baldacci he cosa rende un artista un “outsider”? Prima di tutto il suo essere al di fuori del sistema, quindi non soltanto lontano dai canoni riconosciuti, ma anche dai riflettori della storia e della critica, e dalle dinamiche di mercato. Quasi un paradosso, visto che, al di là delle riscoperte e rivalutazioni post-mortem, per essere riconosciuto e ricordato come tale, un artista in qualche modo deve, se non proprio appartenere o farne saltuariamente parte, almeno agire ai margini di quel sistema che rifiuta o da cui è rifiutato. C Artisti ai margini del sistema dell’arte sono i protagonisti della fiera newyorchese, mai tanto attiva come negli ultimi due anni Il termine “borderline” è forse più appropriato per definire coloro che operano in una dimensione parallela a quella ufficiale o consolidata, anche perché mette l’accento sull’aspetto esistenziale, che è l’indubbio motore - oltre che principale causa del fascino - di chi vive e lavora in situazioni limite di varia natura: sociale, politica, culturale, geografica, psicologica... Per inglobare al suo interno alcune delle esperienze più interessanti di artisti autodidatti, lontani dai riflettori e non valutabili secondo i criteri abituali, la storia dell’arte contemporanea ha coniato - giocando, ma anche rivedendo, il concetto di “brutto” in relazione al “bello” - la categoria estetica dell’Art Brut (l’espressione si deve, come noto, all’artista Jean Dubuffet), che ha avuto una lunga tradizione e molti revival. L’ultimo dei quali è stato incoraggiato dal successo della 55. Biennale di Venezia (2013), il cui emblema era il Palazzo enciclopedico dell’artista/non-artista Marino Auriti, progetto meraviglioso ma irrealizzabile conservato all’American Folk Art Museum di New York. Da allora, l’arte cosiddetta “outsider” è diventata sempre più di moda con grande soddisfazione delle case d’aste e delle fiere, che hanno visto crescere le vendite in tale ambito. John VanZile, Jody, Joann, Judy (1976). È stato così per la Outsider Art Fair di New York, che in più di un ventennio di attività - fu inaugurata nel 1993 -, non è mai stata tanto attiva e frequentata come in questi ultimi due anni (nel 2013 ha aperto anche una filiale a Parigi), non solo da un pubblico di curiosi e amanti di rarità anonime, ma soprattutto da galleristi, collezionisti e direttori di musei. La passata edizione ha infatti suscitato anche la curiosità del “New York Times”, che ha dedicato un lungo articolo alla fiera e alla sua arte, dichiarandola ancora «ai margini, ma in movimento verso il centro» (cfr. M. Schwendener, , in “New York Times”, 29 gennaio 2015). On the Margins, but Moving Toward the Center Per scoprire quali opere, manufatti e testimonianze culturali presenterà la Outsider Art Fair, tra espressioni naïf, pop-folk, infantili e anomale, bisognerà aspettare fino alla sua apertura il 21 gennaio e visitare il Metropolitan Pavilion a Chelsea (con la recente fortuna, la fiera si è spostata in questa prestigiosa location). Dal momento che gli autori e gli oggetti presentati appartengono a contesti diversi - da quello artistico ed etnografico- antropologico a quello clinico (alcuni degli espositori sono ospedali e centri terapeutici che mostrano i lavori dei propri pazienti) - e tessono storie e percorsi di senso inusuali, attrattiva e stupore sono assicurati; qualche rivelazione e buon affare sicuramente anche. Outsider Art Fair 21-24 gennaio New York, Metropolitan Pavilion www.outsiderartfair.com