Siamo nel 1959, a Milano, alla clinica La Madonnina. Giovanni è caduto dalla bicicletta e si è procurato una seria lesione al pancreas. I dottori parlano a voce alta incuranti della capacità di comprensione di un bambino di quattro anni che ancor oggi, a quasi mezzo secolo di distanza, ricorda tutto, come se fosse accaduto ieri. Parlano di gravità, di difficoltà di guarigione. Sono scettici. Tutta la famiglia segue con apprensione le sorti del piccolo, ultimo di sette fratelli. Proprio in quei giorni, Luchino Visconti, zio materno di Giovanni, si sta occupando di altri cinque fratelli, i Parondi, protagonisti del film Rocco e suoi fratelli. È la storia di una famiglia salita al Nord dalla Lucania in cerca di fortuna. Seppur ispirata alla realtà, si tratta comunque di una finzione cinematografica. Ma qualcun altro, sempre dal Sud, sta salendo a Milano e va a trovare Giovanni, non in una finzione cinematografica, una mattina, in un breve momento in cui era rimasto da solo nella camera d’ospedale. Gli appare a mezzo busto, vicino al letto, e prima di andarsene gli dice: «Non preoccuparti, sei guarito».
XXI secolo. 2
Giovanni Gastel
elegante
anche nel dolore
Trent’anni di carriera dedicata alla bellezza, effimera, evanescente. Poi al suo lato oscuro, alla sofferenza, alla violenza. Aspetti sondati dall’obiettivo di Gastel con raffinatezza, qualità che dipende, dice, «da come uno è», non da come appare.
Jean Blanchaert