Nell’immaginario collettivo la figura del demonio è la trasposizione cristiana del satiro del mondo classico, con tanto di corna, barbetta e zampe di capra, cui si aggiungono ulteriori elementi quali la coda di serpente o, meglio, di drago che si conclude a mo’ di placca lanceolata e le immancabili ali di pipistrello che, come ha scritto Jurgis Baltrušaitis, derivano da contaminazioni e migrazioni culturali dalla Cina(1).
Non si può ripercorrere qui, neppure per sommi capi, la complessa storia iconografica che ha portato alla nascita dell’immagine del diavolo, se non per
dire che le più antiche raffigurazioni giunte fino a noi non lo distinguevano dagli angeli - anche loro estranei alla cultura figurativa pagana - come
dimostrano tanto il celebre mosaico di Sant’Apollinare a Ravenna con la prima scena di Giudizio universale (VI secolo), quanto la meno nota
miniatura del Salterio di Stoccarda (IX secolo) conservato presso la Landesbibliothek di quella città(2). La differenza è nei colori: quello del demonio è il blu che divenne sempre più scuro (si veda l’Inferno nel mosaico di Santa Maria Assunta a
Torcello, nella laguna veneta) fino al nero (per esempio: Giotto, Giuda riceve il pagamento per il tradimento di Cristo nella cappella
dell’Arena a Padova), con l’intento di indicare la mancanza di luce, ossia l’assenza della grazia divina. A questa tendenza, poi, si sovrapposero gli
elementi animaleschi (come gli artigli, corna, zanne e coda) che via via allontanarono l’aspetto del diavolo da quello angelico, facendo assumere al
primo un aspetto sempre più mostruoso che finì per sovrapporsi a quello già codificato del satiro, come mostra uno dei primi casi, la miniatura con le
Tentazioni di Cristo del Salterio di Winchester (1150) conservato nella British Library di Londra(3).